Alessandro Furlan: Scappare non serve a risolvere i problemi | Intervista

Se immaginiamo di scappare da qualcosa noi siamo davanti e dietro abbiamo dei mostri che cercano di raggiungerci, questi se gli analizziamo in maniera oggettiva acquisiscono la forma di pensieri, problemi, o magari strascichi di una storia d’amore che ha lasciato conseguenze.

Così, appena sentiamo la pressione sul collo, acceleriamo il passo insieme ai battiti del nostro cuore, cercando di non farci prendere da tutto quello che vorremmo abbandonare alle nostre spalle. Il vero problema però è che se anche andiamo più veloce non riusciamo a essere mai liberi, perché la maggior parte delle volte non scappiamo dai nostri problemi, ma anzi siamo sempre insieme a loro visto che vivono dentro la nostra stessa, e se noi ci spostiamo loro vengono con noi sia che camminiamo o andiamo sempre più forte.

Alessandro Furlan ha scoperto che è difficile scappare perché siamo come onde del mare che continuano a sbattere sulla costa,  quindi è una caratteristica umana convivere con ansie e paure, bisogna solamente avere il coraggio di accettare la situazione e cercare magari un dialogo interiore invece di una fuga disperata.

Ragionandoci su quindi non serve scappare, ma addirittura peggiora sole le cose.  Allora che senso ha continuare a considerarla l’unica soluzione possibile?  Forse nessuno, ma agiamo istintivamente così solo perché le nostre scelte sono figlie della paura o della follia.

INTERVISTANDO ALESSANDRO FURLAN

Da cosa scappa Alessandro Furlan?

Spesso vorrei scappare dal loop di pensieri che si creano nella mia testa o dalle paranoie che mi faccio, poi realizzo che non è la cosa giusta. Nella vita ci sono sempre situazioni e responsabilità più grandi di noi ma fuggire non è di certo la soluzione. Alla fine non scappo da niente.

Pensi che al giorno d’oggi sia riduttivo classificare le canzoni in un solo genere, quindi con che aggettivo descriveresti questo brano?

Intenso.

Qual è il viaggio mentale che ti fai più spesso?

Il viaggio mentale che mi faccio più spesso riguarda sicuramente la musica, in particolare dove mi porterà la musica. Il viaggio interiore che mi faccio più spesso invece riguarda la mia personalità; cerco di capire come mai ho determinati lati del carattere e come questi lati abbiano dei risvolti sulle mie azioni o influenzino i miei comportamenti. 

In certe situazioni la resa può essere anche una vittoria?

Dipende molto dalle situazioni. In generale penso che arrendersi e non perseverare in una determinata cosa voglia dire porsi dei limiti. La resa alla fine è la presa di coscienza di una sconfitta, l’accettazione della sorte che ti spetta e non del finale che ti sei scelto.

Cosa ne pensi delle intelligenze artificiali?

Le intelligenze artificiali, se utilizzate bene e in giusta misura, possono contribuire al miglioramento della società. Mai dimenticare che nulla può prescindere dall’uomo, i robot sono macchine, sta a noi porre i loro limiti.

Sei una persona più razionale o istintiva?

Istintivamente ti direi razionale. Su tante cose sono istintivo, a tratti impulsivo. Riesco però a mantenere una certa razionalità quando si fa riferimento a situazioni più particolari o delicate dove l’istintività gioca brutti scherzi e ti porta quasi sempre a prendere scelte sbagliate.

Che emozioni ti provoca osservare il mare in tempesta?

Il mare in tempesta è movimento, è tormento, ma c’è vita nelle sue onde. Mi fa riflettere, mi tocca nel profondo e si mette in sintonia con la mia anima lasciando uscire ciò che provo.

Il futuro ti fa paura?

A volte vorrei non pensare al futuro ma è più forte di me, vivo in costante attesa e curiosità di quello che accadrà. Nella mia testa attesa e paura si muovono nella stessa direzione.

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