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Mean Frequency: “Brighter Dreams e gli echi del pop colto” | Intervista

Spesso è il tempo a scegliere il momento giusto. Sono le coincidenze a determinare quando le idee devono concretizzarsi, quando le affinità devono sfociare in musica. Il discorso vale anche per i Mean Frequency, due persone che si incontrano al momento giusto nel posto giusto.

Massimo Antenucci è un chitarrista/cantante e compositore.  Dalla fine degli anni ’90 mette al servizio di diverse band la sua creatività e le sue idee nel filone musicale dell’indie pop di stampo britannico, il terreno dove da sempre affondano le sue radici.

Federica Merli è una batterista il cui ruolo di keep-the-tempo woman in cover band inizia a starle decisamente stretto; le sue bacchette sono alla ricerca di territori inesplorati, di ritmi da costruire, di qualcosa che la porti distante dalla ripetitiva routine del già sentito.

E’ il momento giusto. Una chitarra, una voce, una batteria, gli echi dell’ 80’s pop “colto” degli Smiths e di Echo and the Bunnymen, i ritmi incalzanti degli Oasis e dei Blur, le morbide melodie di Badly Drawn Boy, il tutto si fonde magicamente facendo sbocciare in coda al 2016 il progetto Mean Frequency.

A dar corpo e consistenza al progetto si uniscono al gruppo di lì a breve il chitarrista Pietro Nigro ed il bassista Ivan Devoti. Grazie a loro si definisce il substrato melodico e ritmico per far risplendere i pezzi anche nella versione live.

Tra la fine del 2021 e l’inizio del nuovo anno i Mean Frequency dipingono una nuova tela sonora fatta di sfumature dolci, lievi e sognanti che mutano in pennellate ruvide e taglienti, intepretando in ogni sua eccezione il mood creativo che ha caratterizzato la nascita del nuovo album “Brighter dreams”. Una galleria di sogni luminosi, vissuti e da vivere, strappati e riconquistati, gettati in un vortice che li trasforma in canzoni in cui melodia, parole ed emozioni si fondono alla perfezione. Il carattere “British” della band affiora in ogni traccia senza però mai diventarne un limite.

 

Intervistando i Mean Frequency

Ciao! Vi va di raccontarci come nascono i brani che compongono “Brighter Dreams”?

I brani nascono da impressioni ricavate dal vissuto interiore che spesso rimane inespresso e trova sfogo in una melodia e in una sequenza di parole che dipingono un’emozione, nascono dall’osservazione delle persone nei loro comportamenti immaginando la loro ipotetica vita e traducendola in narrazione musicale, dall’insofferenza verso certi aspetti della società contemporanea che ci fa sentire fuori posto e ci porta a cercare un urlo liberatorio, altri nascono per puro divertimento semplicemente perché suonano bene.

Tutte queste canzoni sono state “pensate” per essere raccolte insieme oppure sono fotografie di momenti differenti del vostro percorso artistico?

Le canzoni sono fotografie di momenti differenti. Tanti pezzi di un puzzle raccolti per terra nel tempo che alla fine vanno a formare un quadro unico, Alcune canzoni sono rimaste nel cassetto per lungo tempo aspettando il momento opportuno per essere suonate con l’alchimia giusta. Il primo e l’ultimo brano del disco sono stati composti a distanza di anni ma sono perfettamente complementari e racchiudono il tutto come un perfetto cofanetto.

Quali sono i vostri “Brighter Dreams”?

Sono l’aspettativa della felicità, le azioni che possiamo fare per regalare un sorriso, le parole vere che possiamo condividere con gli altri, le armonie che possiamo suonare sulle corde dell’anima di qualcuno.

Pensate che l’inglese sia ancora un taboo per il mercato italiano?

Purtroppo si, nonostante la globalizzazione, il tentativo di sdoganamento da talent e l’anglofonia del parlare quotidiano. Paradossalmente negli anni ’80 c’era più spazio per la musica in lingua inglese prodotta in Italia. Crediamo sia un fatto culturale ed educativo; basti pensare alla capacità di esprimersi in lingua inglese della popolazione italiana rispetto a quella degli altri paesi europei.

Cosa vi aspettate dal 2022 in relazione alla vostra musica e futuro?

Dal 2022 ci aspettiamo che le nostre canzoni possano suonare su un palco. Vogliamo arrivare a quelle persone che hanno le orecchie aperte per cogliere l’inaspettato. Dal futuro ci aspettiamo o meglio ci auguriamo, che le persone e le società da queste composte, inizino a ripensare le loro esistenze ritrovando l’essenza dell’essere a discapito dell’avere. Vorremmo che tutti, anche ad occhi aperti avessero sogni più luminosi.

ASCOLTA I MEAN FREQUENCY NELLE PLAYLIST DI INDIE ITALIA MAGAZINE

Vincent Hank

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