Amsterdam | Indie Tales

È notte. Fa parecchio freddo. Nella confusione dei mie pensieri ho dimenticato il mio cappello. Mi sarà caduto da qualche parte. Dove? Non me lo ricordo, non ho neanche voglia di sforzare la mia memoria, tanto ormai è tardi, tutti i locali sono chiusi e io sono fermo alla fermata dell’autobus.

Ha iniziato pure a piovere, e sono qui da solo. Perché mi avete abbandonato tutti? Cosa ho fatto di male per meritarmi questo? Pensavo di essere uguale a te, a lei, a lui e a voi, ma forse non è davvero così, anzi adesso devo contare solamente su me stesso, ma forse potrei litigare lo stesso. I miei pensieri si fanno sempre più annebbiati, mi si stanno chiudendo gli occhi, non sento più le mani e il battito del mio cuore sta accelerando. Mi sento una bestia in trappola. Aiuto.

No, devo resistere, tra poco questo incubo sarà finito, devo solamente salire sul bus, mettermi comodo, godermi il viaggio e tornare a casa. Sono partito, anzi scappato per trovare un equilibrio e invece, adesso, mi sento più stronzo di prima, con più paranoie e insicurezze. Non me lo meritavo, continuo a ripeterlo come ninna nanna, sottovoce, senza però cedere al sonno. Devo stare sveglio, devo tornare dove sto bene.

Si, lo so può sembrare un controsenso, ma quella stanza dalla quale non vedevo l’ora di uscire non era veramente una prigione, anzi ho appena scoperto che è il mio luogo sicuro. Anche adesso che sono a chilometri di distanza e fuori c’è silenzio. Un silenzio assordante che sta tirando fuori i miei demoni, i miei mostri, che invece di rispettare la calma di questa notte, mi stanno facendo a pezzi, e io non posso fare niente per fermarli.

Mi metto le mani in tasca, cerco un accendino. Voglio accendere l’ultima sigaretta, ma in tasca trovo solo bigliettini strappati, un po’ di tabacco e tappi di bottiglie di birra. Perché conservo queste cose, forse per il senso di colpa di non aver comprato nessun souvenir? Ma alla fine a chi li avrei regalati degli inutili portachiavi? Dai ormai sono un uomo e la vita mi ha insegnato che è meglio non ricevere nulla piuttosto che un regalo fatto per cortesia, ma senza amore.

Sono diventato un solitario, arrabbiato e non credo più nel futuro, anzi ogni giorno che passa mi mette tristezza. Mi soffoca sapere che domani sarà sempre peggio, e prima o poi non ci sarò più. Infatti, prima o poi esploderà anche l’universo, non ci sarà più nulla, tutto sarò fatto solo di frammenti di ricordi che rimarranno in circolo, esplosi in pezzi talmente piccoli da diventare invisibili anche agli occhi del destino.

L’angoscia mi pervade, ma quando qualcuno, di cui magari neanche ricordo il nome, mi chiederà com’è andata questa vacanza dirò che mi sono divertito, che la città era bellissima e che io ho scoperto davvero chi sono. Ho fatto pace con me stesso. Tutto è perfetto e domani ti chiamo per raccontarti i dettagli. Dirò che mi sono innamorato dei musei, delle patatine fritte a colazione e dei tulipani, che in realtà ho sempre odiato perché erano i suoi fiori preferiti. Intanto mentre abbozzo un sorriso, facendo finta di essere felice, mi ripeto nella testa: tranquillo prima di risalire bisogna toccare il fondo.

Cammino avanti e indietro, nervoso e disperato, aspettando di tornare dentro all’incubo dal quale cercavo di scappare. Non ce l’ho fatta lo so, anzi la situazione è addirittura peggiorata, adesso non posso neanche pensare di uscire dalla mia stanza per chiudermi dentro un piccolo bar dalla finestre rosse. Ci ho provato, non ha funzionato, ho scoperto che la mia cura sapeva di veleno e adesso ho ancora la bocca asciutta che puzza di fumo.

Ad un certo punto vedo una luce, due fari che spuntano in lontananza. Scuoto la testa, senza sapere neanche il motivo. Non sono sicuro di aver capito niente, ma ad un certo punto mi ritrovo seduto in prima fila proprio dietro l’autista, che in una lingua che non comprendo dice: ” Allacciate le cinture, mettetevi comodi e vi auguro buon viaggio”!

RACCONTO ISPIRATO AL BRANO AMSTERDAM DI BIAS