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Iside: “L’esistenza è fatta di rapporti” | Indie Talks

In Memoria è un disco che ha l’intenzione di restare, non solo tra i nostri ascolti, ma anche prendendo come riferimento un lasso temporale più ampio. L’arte ha il potere di rimanere nel tempo, trovando vita al di là dell’artista stesso che libera le sue fantasie nell’universo. Le canzoni possono essere cantante, ballate, ascoltate in silenzio, ma soprattutto c’è la possibilità di diventare piccole storie nelle quali ogni persona si può ritrovare e specchiarsi, provando un estensione naturale della propria esistenza.

Iside con questo progetto ammettono, in maniera piuttosto cruda, ma sincera, che tutto è destinato alla fine, scomparendo in piccoli frammenti. È impossibile sfuggire a questo destino, ognuno di noi nasce e sa già che prima o poi morirà, senza sapere però quando e come. Bisogna vivere con questa consapevolezza in modo da diventare protagonisti, cercando di non sprecare occasioni e potenzialità, imparando ogni lezione, senza la supponenza di evitare il dolore, perché anche quello è una parte di noi.

L’esistenza è fatta di rapporti mescolati alla solitudine, ma senza gli altri sparirà persino ogni forma di ricordo.

ISIDE X INDIE TALKS

È un problema parlare di morte?

Ammetto che la morte mi spaventa moltissimo, ci penso spesso, mi distrugge l’idea che tutte le relazioni, gli sforzi e le passioni della mia vita un giorno finiranno all’improvviso e pochi forse nessuno si ricorderà di me. Quindi no anzi non è un problema parlarne, piuttosto un modo per esorcizzare un peso, una figura oscura che metterà la parola fine. Penso sia un sentimento universale da superare in qualche modo, ognuno ha la sua religione o altro a cui affidarsi, io ho la musica, il mio piccolo lascito. 

Il per sempre è un’illusione alla quale ci piace credere?

Temo che sia una immensa illusione. Anzi ne sono tristemente convinto. Il ricordo della mia persona durerà probabilmente qualche generazione, se avrò figli. Oltre a loro, la linea temporale si concluderà. Non mi illudono nemmeno che questa naturale disfatta possa essere evitata, è ovvio che ci si dimentichi di ciò che non si ha conosciuto. È sempre capitato nella storia, anche immensi personaggi che hanno realmente cambiato l’umanità purtroppo sono stati già dimenticati, sono convinto che non cambierà con me questa tendenza.

Detto ciò, il ricordo che porterò con me dei miei genitori, di mia sorella, di mia nonna, di alcuni amici, sarà sacro finché sarò in vita, e ho la speranza che qualcuno lo farà con me.

PH: Matteo Strocchia e Marco Servina

Qual è il senso dell’esistenza?

Penso che la mia esistenza sia fortemente legata alla soddisfazione della mia persona, alle esperienze che sto facendo e al ricordo che gli altri hanno di me. Ho sempre la speranza di lasciare qualcosa di positivo agli esseri umani che incontro, ci sono dei valori che reputo fondamentali: il rispetto e l’educazione. Non sopporto quando queste vengono a mancare quindi ovviamente faccio di tutto, in modo sincero, per risultare così.

L’esistenza è fatta di rapporti. La musica nel mio caso specifico mi permette di entrare in un rapporto speciale con gli altri, quindi la mia soddisfazione esistenziale può sperare di essere completata.

Avete mai provato l’ansia di non vivere abbastanza?

Questo forse no per il semplice motivo che ancora non so quando avrò finito il mio tempo, ciò che posso fare però è usare al meglio il tempo nelle mie giornate, consapevole del fatto che oltre al lavoro devo godere di ciò che mi piace fare, delle persone che amo, di tutto ciò che mi fa sentire vivo perché poi sarà tardi e sarò avvolto da rimorsi, dall’idea di aver sprecato il tempo, dalla sensazione di aver vissuto poco e male. 

Vorreste organizzare un concerto all’inferno, nel paradiso o in purgatorio? Con chi e perché?

Grande domanda.

Sicuramente paradiso, perché me lo immagino un luogo naturale pieno di verde, fiumi e montagne.

Uno dei miei desideri attuali è suonare in qualche festival nella natura, in vetta tipo, mi affascina troppo questo scenario.

Adoro la natura e l’idea di sdraiarsi su una collina mentre si ascolta musica, come ad un festival. 

Vorrei un pubblico attento, ma fisicamente rilassato, comodo che mi guarda con rispetto e riconoscimento.

Come ospiti vorrei i Sigur Ros, i Radiohead i Beach House.

Per assorbire un dolore c’è bisogno di tempo. In una società frenetica come la nostra questa opzione non viene ben vista. Siete d’accordo?

Il tempo e le attese in generale sono odiate dalla nostra società contemporanea, come se si debba essere pronti a tutto all’istante, capaci di fare ogni lavoro richiesto, senza mai sbagliare, senza poter chiedere pause o aiuti. Questa cosa è terrificante, io voglio imparare tante cose che non so e voglio che queste nozioni mi vengano date con i giusti ritmi. 

Il dolore più di tutto prevede l’analisi del trauma, e non ha una data di scadenza scientificamente testata. Il mio dolore si sta risolvendo con uno strascico decennale per dire, ovviamente in questo lasso di vita non sono stato fermo, ho fatto tanto, ho sbagliato tanto, ma solo ora sono capace di prenderlo di petto e gestirlo a mio piacimento. (Forse). La mia persona muterà ancora nei confronti di quel male, e ne subirà di nuovi che cambieranno lo scenario. Ma il tempo, quello deve restare la risorsa più preziosa della conoscenza di se stessi.

PH: Matteo Strocchia e Marco Servina

Cosa penserà chi nascerà tra cent’anni dopo aver ascoltato la vostra musica?

Temo non la sentirà. Sarebbe un sogno, una cosa indescrivibile immaginare che anche solo una persona potrebbe sentire le mie parole, la mia voce. 

Ho l’idea, fantasticando, che le emozioni che provo e le mie paure saranno invariate nella generazione che in quel momento avrà 20 anni, le persone non cambiano, non sono cambiati i desideri della generazione di mia nonna di quando era giovane secondo me.

Ovviamente i dettagli e la condizione di vita è mutata, ma l’amore, il rapporto con gli altri, le domande esistenziali saranno sempre quelle, immutabili. Si scrive di amore e di morte nelle opere artistiche fin da sempre. E sarà sempre così.

Quali potrebbero essere le vostre ultime parole?

Addio, l’ultimo pezzo del nuovo disco lo immagino come il mio testamento.

Cito quel pezzo:

“Andate tutti a fanculo”

“Addio addio dammi l’ultimo secondo dio per abbracciare le poche persone che mi hanno dato così tanto amore”

Questa seconda citazione può essere tradotta in un bacio e abbraccio con un ti voglio bene alla mia famiglia.

Nicolò Granone

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