Domiziana Psychod!ck

Un provocatorio dito medio: “Psychod!ck” di Domiziana | Intervista

Domiziana combatte le d***head a botte di un sognante pop funk anni ’80:“Psychod!Ck” è un’ironica e provocatoria dedica contro le stringenti regole della società, perché siamo stufi di qualcuno che ha sempre da spiegarci chi dovremmo essere senza mai ascoltare chi siamo davvero.

La cantautrice queer italiana con headquarter londinese ha definito questo suo singolo – che anticipa un progetto in uscita a settembre – come un “paradoxical vehicle”, perché, benché sembri paradossale parlare di qualcosa di così serio su una base spensierata che ti rende impossibile non ballare, forse in realtà è un modo efficace per lasciare impresso il messaggio.

INTERVISTA A DOMIZIANA

Ciao Domiziana! Come stai? Direi di iniziare dal principio: come è nata “Psychod!ck”?

Psychod!ck nasce da una vecchia demo del mio produttore Alessandro Spagnolo. Ricordo che avevamo appena accennato l’idea di un album collaborativo ed io stavo cercando ispirazione strumentale. Alessandro mi invia questa cartella di sue demo e mi dice: “facci quello che vuoi”. Io ne pesco una a caso, della sola durata di una strofa. La mia reazione è stata un mix di positività e adrenalina mista a frustrazione.

Avevo già ascoltato qualcosa del genere, mi venivano in mente troppi titoli ma allo stesso tempo faticavo a lasciarla andare. Mi trovo molto spesso in situazioni del genere, dove due emozioni contrastanti co- esistono in un ciclo continuo di indecisione. Quindi ho deciso di fare come al solito, ossia iper-analizzare la situazione: normalmente non scrivo su strumentali ma parto da miei testi e accordi al pianoforte; avevo iniziato a scrivere un testo su un trauma personale ma la demo di Alessandro mi sembrava troppo giocosa, ottimista, spensierata; anche le mie emozioni a riguardo erano contrastanti, quindi perché non lavorare proprio su questo concetto di contrapposizione? Volevo una canzone su cui poterci ballare e riflettere, a cui attingere in momenti di spensieratezza ed emancipazione, un pezzo che avrebbe provocato e
divertito. Quindi ho deciso di parlare di un coglione e di descriverlo letteralmente per quello che è stato: un coglione.

Da lì mi si è aperto un mondo interiore. Ho realizzato di aver subito un abuso, di non aver processato adeguatamente quello che mi era successo. Mi sono resa conto di quanto stessi ancora inconsciamente vivendo nei modelli/ruoli standard di questa società nonostante avessi cominciato un percorso di decostruzione. Quindi ho iniziato a mettermi in discussione per davvero. E ho voluto farlo pubblicamente partendo da questa canzone, e politicamente tramite la mia esistenza stessa.

domiziana Psychod!ck
Park Shoot 2 – 16/06

Focus sulla musica: hai scelto delle sonorità funkeggianti. C’è qualcuno a cui ti sei ispirata oppure semplicemente sei sempre stata legata al genere.

Io ed Alessandro abbiamo delle posizioni abbastanza forti sul concetto generale di genere musicale (applicato alla nostra musica). Abbiamo cominciato quest’avventura promettendoci di non porci limiti, e penso che un genere musicale possa rappresentare un ostacolo alle volte. Ho sempre avuto difficoltà a definirmi. Ed è stato anche questo il punto di contatto con Alessandro: non dovrebbe essere un genere a definire l’artista ma l’artista a definire un genere.

Non ci siamo imposti di seguire alcuna sonorità “funkeggiante” ma sicuramente siamo legatə al genere come ascoltatorə quindi avremo inconsciamente filtrato un po’ di funk all’interno del brano. Più che genere di riferimento abbiamo avuto degli artisti di riferimento come Tom Misch, Shannon Lauren Callihan e Beyoncé.

Uniamo le due cose: tematica trattata e musica sono molto diversi tra loro tanto che tu stessa hai detto che questo singolo potrebbe essere visto come un po’ paradossale. Come hai preso questa scelta?

Il paradosso nella sovrapposizione di tema e sonorità è forse il dettaglio che mi ha fatto credere in questa canzone. La scelta deriva da una necessità personale di dover fare i conti con i postumi di un’abuso. Sono una persona abbastanza drammatica quindi ho colto l’occasione per sfidare questo dramma. Io affronto e risolvo qualsiasi cosa mi succede nella vita scrivendo canzoni (e fumando erba) e lavorare a questo pezzo è stato per me il modo di non colpevolizzarmi dopo essermi ritrovata per l’ennesima volta nello stesso ciclo di tossicità romantica. Non volevo piangermi addosso, vergognarmi di fronte ad una società che è tossica di suo.

Volevo che Psychod!ck facesse lo stesso effetto di un grossissimo dito medio, sfacciato, provocatorio, controverso, irriverente. Il bello è che io non mi sono mai espressa con Alessandro riguardo quest’ intenzione perché mi stava ancora maturando dentro. Quando è stato lui poco dopo a propormi un idea pressappoco simile ho sentito l’universo dalla mia parte, ho capito che era mia compito scrivere questa canzone, per me e che per chi si sente come me, che la sintonia creativa creatasi tra me e Alessandro valeva davvero la pena essere sfruttata. Da lì in poi l’idea del contrasto ha invaso il nostro modo di fare musica.

Cosa tieni che arrivi del tuo messaggio a chi ascolta “Psychod!Ck”?

Con Psychod!ck non voglio solo dare del coglione un coglione o mandare a quel paese tuttə. Io in primis, da questa esperienza ho imparato a prendermi le responsabilità dei miei desideri, nel senso che quello che penso di desiderare alle volte non è quello che voglio per davvero. E non c’è niente di vergognoso o inconfessabile in tutto ciò. Può anche succedere che ciò che all’inizio è stato un desiderio diventi un trauma più tardi. Ed è quello che è successo a me.

Esplorarsi e considerare le milioni di possibilità che ci si ritrova davanti dovrebbe essere una priorità. Essere consapevoli di se stessi è un obiettivo che secondo me vale la pena raggiungere. Questa consapevolezza nel mio caso è una delle caratteristiche principali del mio modo di scrivere musica e similmente nel modo di Alessandro di fare produzione. Il messaggio del pezzo contiene specialmente quest’approccio produttivo: l’obiettivo è quello di mantenere alta l’attenzione aggiungendo tanti dettagli, sviluppando le sezioni della canzone in maniera progressiva. La seconda strofa è più articolata e sviluppata della prima strofa per esempio. I ritornelli si evolvono dinamicamente: Il primo è al 60% il secondo al 70% il terzo al 90%. È come se la canzone fosse pervasa da sbalzi d’umore. Quest’approccio è molto cinematografico, visivo, ed è ciò che mi stupisce maggiormente delle produzioni di Alessandro. Quando pensa a cosa e come produrre lo fa con delle immagini chiare, anche astratte, che poi vengono riprodotte attraverso dei suoni particolari.

Domiziana Psychod!ck

Come ti piacerebbe venga percepita Domiziana a partire da “Psychod!ck”?

Io vorrei che fosse recepita come un’artista una che si sente libera di fare il cazzo che le pare. Non amo definirmi o essere definita. È limitante ed io non sopporto essere contenuta, specialmente musicalmente. Sento però la responsabilità di condividere chi sono e quello in cui credo, quindi mi presento, sono Domiziana, ho 26 anni, sono di Peschici (FG) ma vivo a Londra da 7 anni. Sono un’artista neuro queer, femminista interstazionale e sostengo la Slow Fashion (ossia “Moda Lenta”). La mia musica segue me e non il contrario. Ci metto l’anima in tutto quello che faccio.

Cosa ci dobbiamo aspettare nel futuro? So che ci saranno novità a settembre?

Psychod!Ck” è parte integrante di un progetto più ampio, un album in uscita a settembre 2023. L’album è una testimonianza della sinergia collaborativa tra

me e il Alessandro. Nonostante le sfide di una relazione lavorativa a distanza, la scintilla creativa ha prosperato, dando vita a un’avventura musicale davvero gratificante. Come accennato prima poniamo al centro della nostro processo creativo il contrasto e la sorprendente similitudine degli estremi. Il nostro album nasce dalla necessità di trasformare un caos interiore in qualcosa che abbia perfettamente senso; di crescere attraverso la tensione e morire lasciandola andare completamente; di essere profondamente personale ma allo stesso tempo estremamente comprensibile e accessibile.
Dieci canzoni raccontano dieci storie diverse intrecciate attraverso l’introspezione personale, il trauma, l’accettazione e la decostruzione, ansia, depressione, ADHD, queerness, mascolinità tossica, femminismo, anarchia relazionale tutto servito sotto un velo di leggerezza e semplicità che viene gradualmente scoperto dalle dinamiche contrastanti degli arrangiamenti musicali e del sound design. Tutto fluttua tra l’analogico e il digitale: sognante, magico, acquatico, energetico, vorticoso, a volte arrabbiato, inquietante, senza scopo, distorto e frantumato.
Una cosa che voglio sottolineare è che non amo dare delle aspettative, ma preferisco lasciare che la musica parli da sé. Vorrei che il mio pubblico si sentisse coinvolto, ispirato e intrattenuto da ciò che offro, ma anche libero di trovare il proprio significato e la propria connessione personale con le mie canzoni. Ah dimenticavo, l’album non ha niente a che fare con Psychod!ck. Quindi aspettatevi l’inaspettato. Anzi… non aspettatevi nulla.

Domiziana Psychod!ck