Un luogo in cui vuoi tornare: il canto del villaggio di Livrea | Indie Talks

Chi non si è mai augurato di trovare un posto magico, che non ha una vera collocazione, fatto di facce e anime, come in un libro di fiabe? Ecco cosa ha creato Livrea con il suo “Il canto del villaggio“.

Ogni traccia ha una sua figurazione teatrale: un personaggio inventato che ne diventa simbolo e portavoce, in un luogo che esiste e non esiste davvero.

Che forse vediamo davvero o forse somiglia a un sogno. Di cui Livrea ci rende partecipi.

Ciao Livrea! Parliamo del tuo nuovo album in tre atti a partire dal titolo: “Il canto del villaggio”.

Buon pomeriggio!

“Il canto del villaggio” vuole essere un titolo estremamente evocativo. Il villaggio che voglio raccontare, e che viene rappresentato nella copertina, è abitato da tante voci; mi piace pensare che ognuna di esse canti la propria storia e che nel complesso raccontino una trama unica, luci ed ombre di questo spazio.

So che hai studiato arti visive, cosa che è ben percepibile sin dalla copertina e dal fatto che hai associato ad ogni traccia del disco un personaggio che ne rispecchia le caratteristiche in modo fisico, quasi teatrale. Parliamo di loro.

I protagonisti de “Il canto del villaggio” sono personaggi di fantasia ma che trovano spazio ed esistono all’interno di questo mondo. Il loro “esserci” giustifica la presenza del villaggio in modo realistico e tangibile.

Il “vero” l’ho cercato soprattutto nei modelli ai quali mi sono ispirata per la creazione di queste figure, e l’ho trovato nella tradizione contadina, nei paesaggi Ghirriani, nei costumi balcanici, in alcune visioni di Pier Paolo Pasolini, nei gioielli medievali e in molte altre cose meravigliose ed estremamente autentiche.

Per questi personaggi sono stati pensati dei costumi, delle storie e dei movimenti.

Oltre agli scatti realizzati da Noemi Trazzi, con Daniele Zen e Vernante Pallotti sono stati prodotti anche dei visual in cui queste figure interagiscono tra loro e creano una narrazione. Al momento sto proiettando dei frammenti durante i live ma vorrei trovare uno spazio per presentarli come si deve, raccontandoli a parole e cantando i brani corrispettivi.

Questi personaggi si muovono in un non-luogo, uno spazio rurale che non si capisce bene se esista o meno. Dov’è questo posto per te?

Questo posto si trova nella località “I Vegri”, situata nella bassa veronese. Non la troverete su Google Maps perché nel corso dei secoli quel terreno ha perso il nome ed è stato inglobato al paese confinante.
Ciò che importa però è che quel paesaggio è rimasto immutato nel tempo e nello spazio ed emana un’energia ancestrale. Paradossalmente, la personalità esagerata dei Vegri, rende questo spazio fuori dagli schemi, quindi surreale.

Si parte da “Ascoltami” che apre l’Atto I; arriviamo a “Katábasis”, la discesa che apre l’Atto II, per poi arrivare con “Androgini” all’Atto III. Si può dire che il tuo album parta dalla paura, passi per la consapevolezza, per poi trovare un posto per noi “anime erranti al chiaro di luna” in cui abbiamo un motivo per ridere fino a scoppiare. Ti senti arrivata al tuo personale Lido?

No! Mi piacerebbe molto, certe volte penso di averlo trovato, ma si tratta di brevi momenti di sospensione.

Lido è un augurio di accettazione, speranza, comprensione, rispetto per me stessa e per il mondo intero, il lido lo vedo nei momenti di gentilezza, nelle piccole gratificazioni, nei progressi di questa società.
Il lido al momento è una continua ricerca, il motore delle mie giornate, ma per ora va bene così.

Cosa ti auguri che sia “Il canto del villaggio” per chi lo sta ascoltando adesso per la prima volta?

Un posto nuovo e familiare allo stesso tempo, accogliente, talvolta straniante, sensuale ma anche amichevole.
Un luogo dove vuoi restare, o perlomeno tornare.