Il vero indie che ritorna con Calcutta | Recensione “Relax” (Album)
Un famoso proverbio di Confucio dice: “Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”. Perché partire da questo per descrivere “Relax”, il nuovo album di Calcutta, che ritorna dopo un lungo periodo di pausa?
Tra pandemia, possibili guerre mondiali, anni difficili un po’ per tutti e tanti meme, capitava spesso di chiedersi che fine avesse Edoardo D’Erme, cantante di Latina e padre fondatore dell’indie italiano. Uno che ha iniziato a suonare nella sua cameretta, con una chitarra, gli occhi pieni di lacrime e un cuore che bruciava dentro, talmente forte da averlo trasformato in un fenomeno non solo discografico, ma anche culturale.
Nel 2016 è uscito “Mainstream”, disco con hit che sono diventate senza tempo, canzoni manifesto di una classe di sognatori che adesso, a distanza di anni, si ritrova in hype per questa nuova uscita, con meno sogni e più preoccupazioni.
La speranza ha lasciato spazio all’illusione del diventare grandi. La trap, i maranza, Tick Tock (talmente boomer che non so neanche bene come si scrive) erano sintomi della nostra vecchiaia, ma, così all’improvviso, con l’arrivo dell’autunno, Calcutta ha ridato alla nostra generazione e alla sua, la voglia di sentirsi liberi e di non avere nessuna paura di provare la malinconia come sentimento positivo.
“Relax” si avvicina molto alle origini, a quell’indie sincero, cupo, emotivamente devastante, spoglio di orpelli legati alla produzione, ricco di metafore che si portano dietro la realtà dei fatti, e pazienza se il mondo non è così bello come sostiene internet o le vecchie cartoline da spedire quando si è in vacanza, felici perché lontani da casa.
Le nuove canzoni, 11, non sono state anticipate da nessun singolo, e forse anche questo è un gesto di ribellione. In una stagione musicale, dove gli artisti sono quasi obbligati e costretti a creare sempre nuovi contenuti, Calcutta, ha la forza e il carisma per tornare mettendo sullo stesso piano ogni traccia dell’album, che senza dubbio era già pieno di mille aspettative.
In più l’artista di Latina, aveva già annunciato un tour andato subito sold-out ( mi sto mangiando le mani per non aver preso il biglietto) e si può dire che i fan saranno senza dubbio entusiasti di ritrovarsi sotto al palco, magari un po’ più grandi e con i primi capelli bianchi, il mutuo da pagare, consapevoli che ci sarà tanto da cantare, con alte possibilità di un atto catartico da compiere tutti insieme. Senza conoscersi per nome, ma con una storia di vita comune, figlia di una generazione che nasconde a fatica le proprie cicatrici.
Ogni data sarà un occasione per mostrare, senza nessun tipo di vergogna, ansie da millennial e sogni di chi ha di nuovo voglia di credere in un futuro migliore.
Ma quindi come sono le nuove canzoni? L’attesa non è stata solamente una mossa commerciale, anzi questo tempo è servito a Calcutta per tornare alle origini, con la consapevolezza di non dover niente a nessuno. Analizziamo “Relax” mettendo play e cercando di scoprire cosa si nasconde al suo interno.
Mi raccomando prendetevi, anzi prendiamoci, un po’ di tempo per ascoltare questo lavoro, ci sono sfumature nascoste, da interiorizzare sotto pelle, per assaporare ogni sfumatura.
CORO
“Questa canzone sembra il coro degli alpini, sono rimasta spiazzata”. Iniziando a discutere con amici e colleghi di questo ritorno, si ha l’impressione che Calcutta voglia iniziare divertendo, e perché no, prendendo un po’ in giro il pubblico, con un brano che sembra rievocare echi del passato e atmosfere da 900′. Spontaneamente potrebbe emergere un po’ di paura, anche se poi viene quasi da chiedersi se Edo ci è o ci fa, ed anche l’ascoltare, in maniera ironica si accorge del genio artistico di questo autore.
Con un pizzico di complottismo, e voglia di lanciare notizie shock, non è che l’allusione a Sanremo, in realtà sia uno spoiler di progetti a scadenza Febbraio 2024? L’indie torna all’Ariston ripartendo dalle origini, con Amadeus che si gioca questo jolly come saluto dopo essere stato il padrone di casa negli ultimi anni?
“Quando finisce il buio, noi cosa guarderemo”
GIRO CON TE
“Poi non te l’ho chiesto se era un sorriso o un coltello”
L’amore nasce libero, senza trattative o bisogno di trovare un equilibrio. Più passano i giorni però in una coppia si deve trovare il coraggio di scegliere, di accettare i difetti dell’altro, cercando di moderare i propri peccati.
Probabilmente l’apocalisse arriverà comunque, niente durerà davvero per sempre, quindi è necessario stabilire alcune condizioni, altrimenti sarà impossibile, almeno per qualcuno, evitare la sofferenza.
Quando arriverà il prossimo bus, Firenze21, cosa scegliamo di fare? Salirci insieme o salutarci con la mano dal finestrino? A volte cuore e ragione hanno due idee differenti, e l’essere umano è vittima di questo conflitto.
CONTROTEMPO
Anche in questo brano continua il fil rouge che si è iniziato a srotolare nel brano precedente, “Giro con te”, la novità è che i protagonisti hanno preso la stessa strada, però non nello stesso momento.
“A volte penso che, ero contento, uh. Sentendomi con te, in contro tempo” ed ecco chi si accontenta della sofferenza, ha la scusa per provare emozioni, avendo, razionalmente, la consapevolezza che in futuro potrebbero essere dannose. Questo comportamento disfunzionale permette all’individuo di ricercare un qualcosa che nel lungo periodo non esiste, anche se al momento sembra il ritmo migliore da seguire.
Un po’ goffi, sbadati e allo sbando, capita di andare controtempo. Adesso ci diamo la mano, ma non lo so cosa succederà quando invecchiamo. O meglio emerge la convinzione e la sicurezza che l’oggi non sarà futuro, ma solamente un ricordo sbiadito. Non accettarlo diventa però l’illusione di chi non vuole accorgersi che in questa danza ci si sta muovendo sbagliando i passi. All’inizio l’equilibrio e la follia ti tiene a galla, più aumenta la velocità, più sarà facile cadere.
2MINUTI
In questa società frenetica, dove anche il tempo è sempre in ritardo, Calcutta si concede il lusso di prendersi “2minuti” per prendere una decisione.
Come sappiamo, e possiamo immaginare, per il cantautore non è mai stata un ossessione dover rispondere subito agli stimoli del mondo esterno. “Relax” non è solo il titolo, è un mantra utile per capire che ogni necessità ha bisogno di spazi, modi e tempistiche variabile a seconda sia della persona, sia della situazione.
Capita quindi di cercare sollievo e rifugio in vizi e atteggiamenti pericolosi, solamente per avere, o meglio, pensare sia facile avere una soddisfazione momentanea. Tamponare però non è un sinonimo di guarire. Ogni cura ha metodi e strumenti diversi, che possono cambiare anche caso per caso.
“Pensare a te, alle tue braccia, Forse è l’unica cosa che mi salva. È come se nel pensare a te, alle tue labbra
È forse è l’unica cosa che mi salva, oh no, oh no, oh no”
Questi oh no finali confermano che per alcune ferite capita di sbagliare la medicazione e così, invece di passare, rischiano di infettarsi. Attenzione quindi a cercare riparo in persone tossiche, meglio prendersi 2 minuti di tempo ed essere meno impulsivi.
TUTTI
“Tutti” è un brano senza peli sulla lingua. È molto facile non dire quello che si pensa, evitare la polemica per paura dei giudizi degli altri.
Calcutta parla ad una generazione che sa di sentirsi fallita, impaurita ed esaurita, che sta in silenzio davanti allo specchio per non dire davvero la verità.
Per vivere meglio bisognerebbe sputare fuori la rabbia, il malcontento, arrivare tutto sommato anche a litigare, quando serve, per difendere le proprie posizioni ideologiche, scegliere da che parte stare. Ovviamente ci sono i limiti del buonsenso da rispettare, questo è scontato. Si possono dire tante cose anche in una maniera educata, e ascoltando “Tutti” c’è del materiale per due dissing: uno a Salvini e l’altro a Jovanotti.
Politica e cultura sono la stessa cosa. Si. Possiamo dirlo.
INTERMEZZO3
Se al cinema a metà del film esiste una piccola pausa pubblicitaria, utile per alzarsi dalla poltrona, prendere in mano il telefono o discutere con il vicino di quello che sta succedendo sullo schermo, persino questo intermezzo3 è uno stacco.
Come da tradizione, questa idea era già presente in “Mainstream” e “Evergreen”, c’è una separazione acustica tutta d’ascoltare e perché no anche per ballare. Forse questo brano servirà anche durante i live per aumentare la salivazione nel pubblico, stimolare l’acquolina dei fan, nell’attesa che la sagoma del cantante occupi il palco dando così dinuovo il via alle danze.
SSD
“Se questo è il mondo, forse lo rifiuto”
La serie tv Black Mirror ha messo in scena vari immaginari distopici, dando l’impressione di anticipare certi temi, che volendo o meno, da fantascienza diventeranno realtà o addirittura sono già sotto i nostri occhi.
Quando le persone ci lasciano, dentro di noi rimane un forte vuoto. Passiamo del tempo solamente ricercandole dentro i ricordi, con la consapevolezza che non sarà possibile avere un abbraccio o scambiare due chiacchere. Il lutto ci estranea dal mondo, e questa canzone è dedicata alla figura della madre, scomparsa recentemente. La musica diventa così un modo per esorcizzare il dolore, con la paura però che una scheda di memoria SSD possa davvero sostituire una persona.
Abbiamo davvero bisogno di diventare asettici, di non provare più quei sentimenti che ci fanno stare male, ma che allo stesso tempo ci danno la sensazione di essere vivi? La tecnologia e le intelligenze artificiali sono un opportunità o un modo per confondersi con il virtuale, perdendo tutto ciò che ci caratterizza come persone capaci di sognare e soffrire?
LONELINESS
In un mondo interconesso, online 24 ore al giorno, si può essere davvero soli?
“Ma che ne so, perché”?
Il paradosso della società moderna, ci sono mille opportunità, allo stesso tempo però è sempre più difficile riuscire ad uscire dalla propria zona di confort. Se pensiamo alle relazioni è più facile rimorchiare a distanza, tramite una piattaforma, senza vedersi dal vivo, piuttosto che in mezzo ad un folla piena di persone sorridenti.
Il rifiuto fa paura. I no sono sconfitte. Tanto vale chiudersi nella propria bolla, costruendosi una corazza d’insicurezze, rinunciando agli stimoli esterni, nascosti in piena vista.
Ecco, il motivo per cui “sembriamo tutti più soli qui al nord”.
GHIACCIOLI
“Ghiaccioli” è il post “Loneliness”, una drammatica accettazione della propria condizione. Potenzialità sprecate, come uno studente che può e non si applica. Non si ha la possibilità di assaporare tutto il resto che resta da vivere. Ci sono già varie implicazioni che non dipendono da noi, non ha senso auto sabotarsi ancora di più.
La domanda espressa in precedenza, sulla ricerca del perché, muta, diventando un non ha senso come risposta, ma tanto vale accontentarsi. Rimanere fermi per non farsi male, lamentandosi di non arrivare mai alla felicità.
“E adesso che sono solo, parlo ogni di tanto di te” e lo faccio con malinconia. Dov’è finito il coraggio o meglio, qual è il limite da non superare per trovare un senso a tutto questo?
PREOCCUPARMI
Quando si commette l’errore di ascoltare i propri pensieri e dare spazio al non detto, lo stress aumenta e il senso d’inadeguatezza ciclicamente ritorna, come succede dentro questo disco. Se prima dell’intermezzo3 c’è spazio per le illusioni, dopo, le canzoni diventano più pesanti. Si percepisce l’impressione di aver provato a correre veloce, anche quando le gambe iniziavano ad essere pesanti, fino a che non si ha più la forza per rialzarsi dopo la caduta.
Le preoccupazioni fanno a pugni con il letto, impedendo di dormire. Appena si chiudono gli occhi il mondo ci lascia in pace, o almeno questa è l’impressione, ma il nostro io interiore, il passato e tutti i trascorsi che abbiamo avuto durante la nostra vita bussano alla porta. Fanno rumore, danno fastidio. Si rifanno vivi quei pensieri che abbiamo cercato in tutti di modi di combattere. Anche il relax diventa una preoccupazione, perché, maturando, si è imparato che non esistono pensieri che si possono autodistruggere. Ogni particella della nostra mente, anche quando sembra essere esplosa, può ritornare e rinascere, diventando cibo per mostri interiori e sogni malandati.
Se ci sentiamo giù, devastati all’interno, allora si che scatta il bisogno di cercare aiuto nelle altre persone. Alcuni appigli però invece di essere una salvezza, crollano appena sentono il peso delle nostre fatiche, trascinandoci sempre più dentro l’inferno di noi stessi.
ALLEGRIA…
Il disco si conclude con allegria. Si non nel senso che può dare il titolo. Non è un tormentone estivo in stile “Oroscopo”, ma una richiesta di spiegazioni al destino. È molto difficile dare il giusto senso alle cose. Stabilire un valore. Trovare una definizione per ogni momento.
La vita è un sali scendi, un interruttore che a volte non funziona: può essere rotto o ripartire con una piccola scintilla. Gli echi finali suonano un po’ alla PopX, band che da anni sa ballare sul dolore, rifiutando allegramente compromessi e moderazione.
Ecco Calcutta con questo disco è stato bravo a fregarsene delle imposizioni, delle lamentale e della voglia di pubblico e critica di vederlo sempre e costantemente all’opera.
Ha aspettato, lì sulla riva del fiume, guardandosi dentro, mentre tutto faceva rumore. Sono passati gli anni, esplose nuove mode e si sono sviluppate altre correnti. Calcutta è rimasto lo stesso, senza avere nessun bisogno di dover cercare nuove soluzioni per tornare sulla cresta dell’onda. Anzi sono stati gli altri, che per diventare qualcuno hanno cercato di assomigliare sempre di più a chi ha creato questo genere.
Relax è un ritorno alle origini. Chissà forse non saranno più i giorni di “Mainstream” e di amici vari, ma non mettiamo fretta al domani. Questo disco ha tutte le potenzialità per rimanere nel tempo, con la speranza che per la musica italiana ci sia un nuovo anno zero, com’è accaduto con l’indie originario.
BONUS TRACK IL VIDEO IN ASMR PUBBLICATO DA BOMBADISCHI PER ANNUNCIARE IL DISCO
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