Cinder Swan ci raccontano “What The River Said” | Intervista

Cinder Swan, progetto giovanissimo nato nel gennaio 2023, pubblicano il loro primo ep,  “What The River Said“.

Nonostante siano nati poco tempo fa, la band formata da Francesco Donadio, Vincenzo Perrone, Egidio Palagano e Francesca Camardo sa bene dove vuole andare. La musica è alternative, eterea, e fa sentire leggeri, prendendo ampiamente spunto al mondo della poesia, del cinema e della fotografia.

Dopo aver vinto l’Arezzo Wave 2023 per la Basilicata e partecipato a vari festival locali, il 20 ottobre è uscito il loro nuovo, incorporeo, progetto, di cui abbiamo parlato con il gruppo.

INTERVISTA A CINDER SWAN

Ciao Cinder Swan! Come state? Iniziamo dalle presentazioni. Il vostro nome significa “Cigno di cenere”. Da cosa nasce questa immagine e come si è unito il gruppo?

Ciao Benedetta! Stiamo bene, d’altronde è appena uscito il nostro ep!

In fase creativa, durante la stesura di un brano che ancora non abbiamo pubblicato, la nostra attenzione è stata catturata da alcuni versi che facevano riferimento proprio al cigno, di cenere perché è un materiale che porta con sé un vissuto, che ha avuto un’altra forma ed è testimonianza di un cambiamento. Ci siamo conosciuti ed uniti poiché studiamo nella stessa città, Matera. Era desiderio comune avere un progetto che proponesse musica inedita e fare qualcosa di davvero originale.

Nonostante siate nati da pochissimo, durante il gennaio 2023, avete già suonato, tanto che avete vinto l’Arezzo Wave 2023 per la regione Basilicata questa estate. Voi Cinder Swan stavate già lavorando al vostro nuovo ep, “What The River Said”, immagino, no?

“What The River Said” non aveva ancora un nome ma in maniera molto naturale ci siamo resi conto che avevamo in mano abbastanza canzoni da poter mettere in piedi un ep che conservasse la struttura tipica di un album, per quanto riguarda dinamiche e leitmotiv stilistico, nonostante la durata ridotta di questo tipo di prodotto. Non volevamo semplicemente far uscire dei brani che potessero essere orecchiabili ma iniziare a creare un immaginario cercando di non scendere a compromessi.

Così abbiamo deciso di auto-produrre tutto: dalle registrazioni in studio alle foto, dai video dei singoli alle copertine (ad eccezione della copertina dell’ep, disegnata dall’artista Leocifero) per poter curare personalmente tutto quello che ci riguarda.

Il gusto dell’onirico si riflette sia sulle immagini, sia per quanto riguarda la vostra musica che, come dite, potrebbe essere assimilabile al mondo alternative. In questo senso il nuovo progetto si inserisce bene in questa cornice, anche solo a colpo d’occhio dai titoli di ogni canzone. Dico bene?

A volte troviamo complicato definire con esattezza un genere specifico in cui poterci ritrovare al 100%. Il fatto è che oggi esiste un’etichetta per ogni sfumatura. Quanto deve essere duro il sound di una band per essere rock? E quanto deve essere veloce la metrica di un testo per diventare rappato? Tutto questo è amplificato dai continui prestiti che ci sono tra i vari generi. A noi piace miscelare gli ingredienti dal nostro bagaglio di ascolti.

L’onirico ha trovato spazio nel nostro immaginario perché apprezziamo l’arte che lascia spazio all’immaginazione e che non vuole a tutti i costi imporsi sullo spettatore, per cui abbiamo cercato di creare un mondo che possa essere letto in più modi ed a diverse profondità.

Avete detto che il vostro lavoro musicale nasce dal mondo della fotografia, della poesia e del cinema. In particolare, quali sono i vostri modelli e le vostre ispirazioni?

Crediamo che le nostre ispirazioni siano semplicemente tutto ciò che ci capita di assimilare, più o meno consciamente. Come avevamo accennato, vediamo il nostro bagaglio culturale musicale come se fosse la dispensa di un alchimista che seleziona minerali, piante, procedimenti specifici e che cerca di scoprire nuove ricette usando quello che ha a disposizione. Ciò non significa che il risultato sia un intruglio di un po ‘ di tutto ma che più materiali si conoscono, più si può scegliere con cura cosa mettere nella propria pozione musicale.

Cinder swan what the river said

Sapete già verso che direzione far andare il progetto, sia per quanto riguarda lo storytelling sia per quanto riguarda la musica? Avete già in mente nuovi percorsi da intraprendere?

Probabilmente continueremo ad esplorare nuove sonorità basandoci sulla stessa metodologia di lavoro che ha caratterizzato il nostro percorso fino ad ora. Per la creazione di “What the River Said” abbiamo fatto un’ardua scelta fra diversi brani. Sarà entusiasmante continuare il percorso riprendendo parte di quel materiale ed aggiungendone del nuovo.

Un augurio per i lettori di Indie Italia Magazine che vi ascolteranno?

Auguriamo ai lettori di Indie Italia Magazine di immergersi nel nostro ep e volare sulle ali del cigno di cenere! Ciao!!!