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Alberto Bianco: “Certo che sto bene è la mia promessa di felicità” | Indie Talks

Partendo dal presupposto che fare musica è sia arte che è un lavoro, bisogna ragionare sul senso di fare un disco e sui contenuti presenti nelle canzoni. Più le emozioni provate sono vere, più rimangono tra le note e i testi del brano, arrivando a comunicare così vari tipi di messaggi all’ascoltatore.

Alberto Bianco riporta la sua gioia e la voglia di libertà nel nuovo lavoro “Certo che sto bene” disco registrato durante un soggiorno a Formentera con alcuni colleghi e amici in un clima disteso e rilassato a contatto con la natura e i sentimenti della quotidianità.

Una dichiarazione coraggiosa, di questi tempi, che nasce dalla consapevolezza di dover accettare anche i cieli neri e le tempeste interiori.

La felicità non è un traguardo da raggiungere, una scorciatoia segreta da scoprire, anzi è un lavoro da compiere ogni giorno, accettando anche paure e sofferenze, solamente con un po’ di fatica si può apprezzare appieno la bellezza della vita, e se si condivide questa magia con le persone alle quali ci sentiamo legati, tutto sarà ancora più intenso e genuino.

Certo che sto bene è la promessa di felicità di Alberto Bianco che ognuno di noi dovrebbe farsi guardandosi allo specchio ogni mattina, lasciando da parte tutto ciò di superfluo che in realtà genera stress e frustrazione.

BIANCO X INDIE TALKS

Stare bene dipende da una scelta o da una conseguenza?

Direi che se si potesse decidere ci sarebbe molta più gente felice. Una cosa che si può fare è cercare il proprio benessere nelle cose che si hanno già. Ogni tanto fermarsi e razionalizzare la propria esistenza, e spremerla, sicuramente ne uscirà qualcosa di buono. In questo caso diventa una scelta e diventa ancora più potente e godibile.

Perché esiste la paura?

Se non esistesse la paura non esisterebbe il coraggio e personalmente ho parecchio bisogno di sentirmi coraggioso.

Ne ho bisogno perché è il mezzo con il quale supero i dubbi, la tristezza. La paura non è nient’altro che un ostacolo da superare giorno per giorno, ti si infila tra i capelli come i pidocchi e inizia a scavarti il cranio e a ingigantirsi sempre di più. Il gioco della nostra generazione è trovare dentro a se stessi una magia che spacca questa paura. Che la riduca come fa la chemio con un tumore per poi, tramite la quotidianità, scacciarla. C’è chi ci prova con le droghe, chi spendendo soldi a caso e chi con la musica e l’arte.

Ridere tanto e pensare meno potrebbe essere una buona ricetta per vivere una vita serena?

È che quando rido tanto e penso poco mi sento un po’ un coglione. Forse potremmo tentare di ridere delle cose a cui pensiamo. Nel senso di prenderci un po’ meno sul serio a volte. Magari iniziando a vivere la vita e il lavoro in due modi diversi e non mischiare tutto. Oppure sentirci appagati dei nostri corpi senza dover assomigliare a quelli dei giornali di moda, oppure cercare il tempo di andare sulle cime delle montagne e sulle spiagge d’inverno. La frenesia grigia porta a pasticci e confusione difficili poi da districare.

PH: Dente

C’è un’abitudine della domenica alla quale ti senti fortemente legato?

Andare a comprare il vino in enoteca da Diego e correre a casa a cucinare per la mia famiglia. Vedi, questo per esempio per me è un momento di benessere assoluto e non è così difficile da vivere. E posso farlo tutte le volte che voglio. Questo intendevo sul cercare la felicità nelle cose che ci fanno star bene sul serio.

Ogni azione cambia valore a secondo di come viene percepita?

Beh sì assolutamente. Guarda la musica. Guarda la politica. L’amore. Purtroppo riconoscere il valore assoluto di un’azione è cosa di pochi, pochissimi. Sarebbe bello vivere in un mondo così, a questo punto senza pregiudizi e senza i numeri sotto qualsiasi cosa per provarti che quella cosa è bella perché piace a tanti.

A me di solito le cose che piacciono a tanti non interessano. Spesso non mi va di sentirmi parte di una massa quindi cerco il poco conosciuto, il nascosto, il sommerso. Mi soddisfa di più pensare di aver trovato il bello grazie alla mia curiosità e non grazie a un algoritmo.

PH: Dente

Che esperienza e soprattutto che atmosfera c’era attorno a questo disco, registrato sotto il sole e davanti al mare di Formentera?

Irripetibile. Ti rispondo con un po’ di malinconia perché ho la consapevolezza che quell’atmosfera intorno a un disco capita forse una volta sola nella vita. Poi magari no ma mi sembra talmente ricca di ogni elemento che mi farebbe paura provare a ricrearla. Eravamo tutti sulla stessa canoa a remare sincronizzati verso un’unica direzione. Abbiamo avuto tutti la stessa visione ed è stato magico e automatico scrivere, registrare, vivere insieme.

Il luogo ha sicuramente amplificato le nostre sensazioni, ma l’importante è stato il metodo di lavoro. Un metodo che unisce i musicisti in un modo che non avevamo mai raggiunto prima. Registrare tutte le canzoni in presa diretta porta i musicisti ad ascoltarsi molto di più e a incastrare gli arrangiamenti in maniera più efficace secondo me. Durante la take c’è una tensione interessante che dipende dal senso di responsabilità che ogni musicista ha nei confronti degli altri. Se sbaglia uno si riparte da capo, questa responsabilità crea una concentrazione fortissima che porta da un’altra parte.

Si può misurare la libertà?

Non credo. L’Unità di misura è troppo soggettiva. Io per esempio non so neanche quanto sia libero. Ognuno si crea un po’ da solo le proprie gabbie, sicuramente più uno è pigro e meno è libero. La libertà richiede molto lavoro.

PH: Dente

Se le promesse diventano bugie, sparisce la fiducia e cresce la rabbia. Secondo te, l’essere umano vive una vita in bilico tra il vorrei e il non posso?

A volte può anche diventare una scusa per stare fermi immobili nella propria condizione. Il cercare un sogno che poi non si avveri è un po’ quella cosa lì. Come per la libertà anche la serenità richiede molto lavoro e molta dedizione. Certo che uno non può fare tutto tutto quello che vorrebbe però dipende molto da quello che vorrebbe. Non intendo abbassare le ambizione per renderle raggiungibili più facilmente ma intendo proprio ricordarsi il nucleo delle nostre ambizioni. Io da ragazzino volevo fare il musicista. Poi negli anni la mia ambizione sì è trasformata ma io in fondo volevo ancora fare il musicista. Ma quel tipo di musicista che prende il furgone con gli amici e gira l’Italia a suonare, non il musicista con lo spotify pieno di numerini. Stare attenti a quello che vogliamo davvero e non quello che gli altri vedono per noi.

Che nome ha la felicità?

Elena, Ettore, Luca, Leo, Michela, Dorina, Gianni, Matteo, Umberto, Simone, Alice, Virginia, Margherita, Francesco, Edoardo,Filippo, Zevi, Marco,Riccardo, Niccolò…