PH. Ufficio stampa Marta Tenaglia

Marta Tenaglia: “After Verecondia, esigenza libera dal tempo” | Indie Talks

I social network hanno modificato il linguaggio, oggi la comunicazione è facile e sdoganata, forse però si dimentica che le parole non solo hanno un senso, ma anche un peso specifico. Quante volte abbiamo dato, o subito giudizi, senza pensare a tutto quello che sarebbe successo o potuto succedere dopo.

After Verecondia di Marta Tenaglia è un disco che riflette molto sul senso del pudore, specialmente come blocco mentale che vive dentro ogni individuo, magari addirittura limitando creatività e coraggio.

Ecco il dopo e il prima, l’inizio e la fine sono azioni e momenti collegati, talvolta però non seguono un senso logico e si vanno a mischiare in situazioni complesse, rese ancora più confuse da sentimenti e ragioni.

Nella confusione dell’esistenza, Marta Tenaglia si spoglia di pregiudizi, stereotipi e sensi di colpa, trasformando in musica l’istante di un momento, solo all’apparenza cristallizzato dato che tutto è in movimento è chissà, a volte certi dopo in realtà nascono prima nel passato, diventato realtà solamente al giusto momento.

MARTA TENAGLIA X INDIE TALKS

Partiamo dalla fine. Cosa ci sarà dopo After Verecondia?

Spero tanti bei palchi, tanto scrivere e tanta ricerca.

Dopo aver scritto e pubblicato questo album come ti senti?

La creazione artistica per me rimane un mistero, quindi dopo aver scritto qualcosa in primo luogo provo una sensazione simile allo stupore. Di After Verecondia sono particolarmente fiera, non tanto per il risultato, ma per la possibilità che mi sono data di essere fedele a me stessa. Pubblicarlo è stato anche spaventoso, ma la sensazione più forte è la gratitudine per tutte le persone che mi hanno permesso e mi permettono di fare musica in questo modo.

PH. Ufficio stampa Marta Tenaglia

Ogni persona è il peggior giudice di se stessa?

Chissà, non saprei dire con certezza ma sospetto di sì. Alla fine vediamo e comprendiamo la realtà che ci circonda attraverso i nostri filtri mentali, quello che pensiamo di noi stess* lo proiettiamo sulle altre persone.

Le parole possono ferire perché sono fonte di pensieri e sensi di colpa?

Credo che le parole possano ferire come qualunque altra cosa che mi collega a un’altra persona. Che ci sia la volontà di ferire o meno il dolore fa parte dell’esperienza umana, che è essenzialmente relazionale. Nascere, crescere, vivere, cercare di farsi capire, cercare di comunicare: tutto è faticoso, doloroso a volte.

Il cambiamento può far paura perché non si sa cosa può succedere davvero?

Penso di sì, ogni cambiamento è un salto nel vuoto. Non ho mai capito fino in fondo perché ci spaventi così tanto in realtà, è sotto gli occhi di tutt* che cambiare ed evolversi siano parti fondamentali della vita. Non so perché non riusciamo ad imparare dai serpenti che cambiano pelle, dai bruchi che diventano farfalle; loro sanno che quando è tempo è tempo. Perché noi facciamo così fatica?

Ti sei mai persa dentro sentimenti non chiari e complicati?

Sempre, tutta la vita, continuamente. Sto cercando di smettere.

Le paranoie sono un modo di anticipare il futuro?

Per me sì, è la mia comfort zone: far girare la testa a duemila per trovare soluzioni, far funzionare tutto, cercare spiegazioni. A me dà l’illusione di poter controllare quello che mi succede, di potermi proteggere. Invece la maggior parte delle volte è solo uno spreco di tempo e di energie che magari potrei investire per fare qualcosa di utile. Come scrivere un pezzo, ad esempio.

Che senso logico si può dare alla fine?

Qui bisogna filosofeggiare. Dipende dal contesto in cui ti proietti, se ti percepisci all’interno di un cerchio i concetti di fine/inizio/metà scivolano via, se per te invece vivere è una linea retta ecco che già forse hai qualche possibilità in più di spezzarla e stabilire una fine, ma mi sembra comunque una cosa un po’ arbitraria. Adesso senza che io vada a scomodare qualche principio di metafisica trascendentale di cui ignoro il significato nella maniera più assoluta, nella pratica: per me la fine è una fase di qualcosa.

Un album, per esempio. Quando inizia? Quanta vita deve accumularsi prima che ne venga scritta la prima nota? E quando finisce? Quando viene pubblicato o quando finisce la riproduzione dell’ultima canzone? E i viaggi nelle vite di chi lo ascolta dove e quando finiscono? Non lo so, il concetto di fine non mi convince, secondo me non esiste

PH. Ufficio stampa Marta Tenaglia

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