PH: Giusy Alfieri

Zani: “Si può toccare il cielo senza perdere umanità” | Intervista

Per un artista il successo può essere un limite com’è stato il sole per Icaro. Cosa succede quando si raggiunge il punto più alto e non si è grado di mantenere l’equilibrio o la giusta distanza? Ci si brucia e si cade.

In un mondo orientato verso alle facili vittorie, molte canzoni nascono, crescono e muoiono nel giro di una stagione solamente perché riescono ad avere un giusto ritornello, orecchiabile e magari neanche troppo complesso a livello di tematico.

Fare musica però non dev’essere orientato solo alle vendite o un essere un metodo per colpire nel segno gli algoritmi tecnologici, generando quasi automaticamente un numero infinito di streaming.

Fare musica è un modo di vivere la vita, raccontarsi e non avere paura di mostrare persino le più intime debolezze. Zani, dopo aver partecipato a Xfactor, ha scelto il silenzio ma non perché non aveva nulla da dire, anzi questo era un efficace strumento di ricerca per lasciarsi trascinare dalle emozioni e buttare fuori il proprio essere.

“Icaro” è la prima tappa di questo percorso ed una fuga verso un qualcosa di diverso, legata però strettamente alle origini e a Milano, città dove Zani è nato e cresciuto. Per affrontare questo viaggio bisogna avere il coraggio di riempire le valigie con i ricordi del passato, parte di un vissuto unico per ognuno di noi e lasciare spazio a tutto quello che succederà, avere la voglia di volare con la consapevolezza che se si tocca il sole ci si brucia.

INTERVISTANDO ZANI

Ti senti affascinato dal pericolo? Perché?

Più che il pericolo, mi attrae il rischio. Fin da piccolo sono sempre stato un « paurone », così mi chiamava mia mamma. Ahahaha, ma crescendo ho capito che il rischio, dosato nei modi giusti, è una sorta di benzina che ti permette di tirare fuori il meglio di te, scoprendo anche dei lati che magari non sapevi nemmeno di avere. XFactor nel 2022 é stato un rischio, ma mi ha fatto capire forse per la prima vera volta che cosa volessi dalla musica.

Adesso quale paura ti spaventa di più?

Da ragazzo di 22 anni in un mondo di incertezze, ti direi quella di fallire. A volte ci sentiamo soli perché guardando anche il grande «showcase» dettato dai social, siamo quasi obbligati involontariamente a paragonarci con il prossimo, non essendo mai soddisfatti di quello che stiamo costruendo.

Ho imparato da questo 2023 a mettermi alle spalle certe sensazioni, e ricominciare a pensare a quello che mi fa stare bene, senza fare a gara con nessuno. Ho capito che chiedere aiuto è solo un sinonimo di forza, e ora sto facendo passi avanti.

PH: Giusy Alfieri

Che rapporto hai con Milano?

Milano me la sono sempre immaginata come una ragazza più grande, che ami e che ti può insegnare a diventare uomo, ma allo stesso può rivelarsi pericolosa se non fai attenzione. Mi dà tanto, sia di bello sia di brutto, ma devo dire che c’è sempre stata nella mia vita, quindi per me è una compagna importante.

Hai mai sentito l’esigenza di scappare, magari con la voglia di nuotare in mare aperto?

Ho una paura fottuta dell’acqua, secondo me sono talassofobico ahahahah, quindi preferisco un bel bosco, o magari una distesa di neve.

L’esigenza di scappare però l’ho fatta mia purtroppo per troppo tempo. Spesso quando ho paura di fallire, mi allontano inconsciamente dalle persone e dalle cose che amo, così da evitare una delusione in partenza.

Cos’ho capito? Che sono tutte cazzate. Fallire serve per crescere e imparare, e in un percorso fa parte del gioco. Affrontare le cose significa vincere prima o poi, bisogna solo viverle.

PH: Giusy Alfieri

Anche la libertà ha dei limiti?

Sì, penso che anche la libertà abbia dei limiti paradossalmente. La mia libertà è la gratitudine ad esempio. Per me essere libero significa saper apprezzare ciò che ho e chi c’è nella mia vita, perché non c’è libertà più grande di essere consapevoli di quello che ci circonda.

Questo però ti fa riconoscere allo stesso tempo che in quello che hai c’è anche sempre qualcosa che manca, ma preferisco trovare il modo di raggiungerla piuttosto che piangermi addosso.

La fame e il successo possono estraniare l’uomo dall’artista?

Assolutamente sì, ed è quello che punto a non diventare. Il nome ZANI è il soprannome che mi hanno dato i miei amici, ed è quello che voglio essere per chi mi ascolta, un amico.

Non ho mai capito la differenza tra un operaio e un artista, sono entrambi lavori nobili, e non mi sentirò mai diverso da questa idea.

Vengo da una famiglia modesta, dove mi sono stati insegnati certi valori. Avrò sempre fame per ciò che amo fare, ma non vorrò mai che la mia umanità sia offuscata dall’essere artista, entrambi possono coesistere senza contrastarsi. 

SALVAGENTE è una canzone che hai scritto perché sentivi il bisogno di rimanere attaccato alla tua realtà quotidiana o nasce da una storia di altre persone?

Scrivendo mi sono accorto di quanto le storie che si pensano essere di altri siano in realtà anche le proprie.

Spesso spostiamo l’attenzione solo per paura di prenderci le nostre responsabilità, ma a volte uno schiaffo in faccia è la migliore delle medicine.

SALVAGENTE era un grido per chi ne avesse bisogno, ma una parte di me sa che facevo parte di quelle persone.

Facendo un paragone tra filosofia e tecnologia, l’intelligenza artificiale potrebbe essere per l’uomo quello che è stato il sole per Icaro?

Domanda super interessante. La mia tesi di laurea si sta basando tra l’altro sul sovra utilizzo del digitale e penso sia un paragone veramente azzeccato. Se pensiamo a 1984 di George Orwell, già a quei tempi si era compreso come la tecnologia, se non utilizzata con responsabilità, avrebbe preso il sopravvento. 

Non voglio sembrare troppo drammatico ahahahah, ma ci stiamo abituando ad una comodità a mio avviso malsana, che finirà per farci precipitare.

Cerchiamo di essere più umani, percepiamoci!

PH: Giusy Alfieri