Sanremo 2024 | Le Pagelle della Redazione
Quale artista si aggiudicherà la vittoria di #Sanremo2024? La competizione è accesissima, sono diversi i cantanti che si contendono la vittoria finale. Ma attenzione, la sorpresa potrebbe essere dietro l’angolo. La sala stampa di Indie Italia Magazine ha recensito tutti i brani in gara! Ci abbiamo preso? Lo scopriremo presto.
Sarà una serata ricca di colpi di scena, prepariamoci al meglio attraverso le recensioni della redaz!
La Noia
Interessante che il titolo della canzone di Angelina Mango sia “La Noia”, quando proprio lei ci ha salvato più volte dal tedio sanremese. Non importa se il suo pezzo, scritto con Madame e Dardust, ci tormenterà in ogni lido quest’estate, l’eleganza e magia di Angelina lasciano i solchi sul palco, bucano la televisione.
La serata delle cover non riesco a commentarla, sto ancora piangendo, quindi mi limito a spiegare cosa sia la “cumbia” per chi continuerà a cantarla senza avere idea di cosa stia dicendo. La cumbia è una musica popolare nata quando gli spagnoli raggiunsero la Colombia nel 1500. Nelle piantagioni della Colombia coloniale si ballava una danza rituale di gruppo chiamata “cumbiamba”, evoluta successivamente nel ballo di coppia chiamato “cumbia”, che già ha appassionato artisti come I Tre Allegri Ragazzi Morti e Jovanotti.
(Vernante Pallotti)
Angelina Mango: 8,5
Ti muovi
Stavo guardando Diodato, vestito tutto di bianco, che cantava calmo sul palco dell’Ariston, e ho realizzato che, se il cantante fosse un personaggio del film Disney “Inside Out”, sarebbe di certo… Nostalgia. Quel sentimento dolceamaro che “si muove” quando la più ingenua parte di noi manda in play i ricordi di una relazione ormai finita.
“Ti Muovi” ripropone furbescamente lo stesso topos con cui Diodato ha vinto Sanremo nel 2020″: la fame di minestra riscaldata. E il pezzo un po’ ha il gusto di “Fai Rumore” riscaldato, ma lui lo canta con una tale convinzione nostalgica, scatenandosi in una danza liberatoria coi ballerini, da riuscire comunque a far piangere gli italiani. Genio.
(Vernante Pallotti)
Diodato: 6,5
La rabbia non ti basta
Big Mama porta sul palco di Sanremo un pezzo che, sono sicura, servirà a molti adolescenti. Mentre canta riusciamo a vederla, nei suoi occhi, la ragazzina a cui lo sta dedicando: la Marianna teenager che aveva bisogno di una canzone così da ascoltare sull’autobus, prima di andare a scuola, dove qualcuno avrebbe provato a rendere la sua giornata un inferno.
A volte basta sapere che non si è soli, basta sentire la voce rotta di Big Mama all’Ariston, la commozione di una persona che ci è passata e ne ha fatto la sua forza. A volte basta una canzone. È bello quando la musica, o qualsiasi altra forma artistica, ha questo ruolo di supporto, acquista un senso. Brava Big Mama.
(Vernante Pallotti)
Big Mama: 7,5
Mariposa
La vediamo vestita da sposa Fiorella Mannoia che torna a Sanremo nel 2024 con il brano “Mariposa”, una vera e propria celebrazione della femminilità e dell’orgoglio di essere donna. Il testo, scritto a quattro mani con Cheope e Carlo Di Francesco, si ispira alle storie delle tre sorelle Mirabal, simbolo di resistenza contro la violenza sulle donne.
Mannoia, infatti da tempo impegnata anche con la Fondazione Una nessuna centomila, riesce a trasmettere un messaggio potente di emancipazione nella speranza di un vero cambiamento sociale.
(Ilaria Rapa)
Fiorella Mannoia: 7
CLICK BOOM!
Si sente forte in Rose Villain la voglia di parlare ed essere recepita da un pubblico più ampio: con un mix di pop, cassa dritta e dance, “Click Boom!” è pronta a farci saltare sulla pista in discoteca o anche a qualche party sulla spiaggia. Si avverte nei più giovani partecipanti al festival la sottile finalità di non essere dimenticati dal pubblico e magari diventare presto o tardi una hit o almeno un tormentone estivo.
(Ilaria Rapa)
Rose Villain: 7
Ricominciamo tutto
“Ricominciamo tutto” potremmo definirlo come un vero e nuovo esordio per i Negramaro. Dopo un ultimo singolo inedito del 2021 e solo qualche featuring qua e là, la band capitanata da Sangiorgi si presenta con grande forza al pubblico dell’Ariston con qualcosa di “vecchio” o forse potremmo dire “tipico” della voce di Giuliano ma allo stesso tempo anche con uno spirito nuovo e intraprendente che è consapevole della propria identità e che non ha paura a mostrarla.
(Ilaria Rapa)
Negramaro: 7,5
Governo punk
L’identità di provincia che resiste stoica ai cambiamenti (“Dammi… un’identità, ma da cui possa scappare – “Sono un nomade in un attico chic…”). Il governo punk a cui sembra auspicare il brano è un sogno utopico dove né l’attaccamento alle radici, né l’adattamento a una nuova condizione (c’è forse un riferimento all’ormai avvenuto ingresso nella musica più popolare?) hanno più importanza.
Il ritmo incalzante e il ritornello che rimane in testa ben rendono il contrasto tra la minaccia di restare ingabbiati e la voglia impetuosa di muoversi, di fuggire da una condizione. In due mondi, vecchio e nuovo, che sono facce della stessa medaglia (“questa città sembra una maledizione – una competizione”).
(Stefano Giannetti)
Bnkr 44: 8
Capolavoro
L’intensità a cui i ragazzi de Il Volo ci hanno abituati con le loro voci e la loro musica, il modo epico di approcciarsi ai temi che affrontano coi loro brani, ci rendono ancora una volta qualcosa che è più un inno che una canzone. Un cantico dell’amore.
Si sale, dall’inizio alla fine. Si raggiunge l’apice massimo per descrivere un sentimento che forse non si può descrivere. Si innalza per raggiungerlo. Un po’ come Dante che non può vedere chiaramente Dio ma resta abbagliato dalla sua luce e travolto dalla sua potenza, ad ascoltare Capolavoro siamo investiti da una realtà che è anche poesia. Da una cosa che abbiamo sempre conosciuto, ma, allo stesso tempo, è sempre una devastante novità.
(Stefano Giannetti)
Il Volo: 8
Tu no
Irama ci fa entrare subito nella sua disperazione con l’intenso e straziante “tu no” che apre la canzone.
Il dolore del ricordo di un rapporto finito sta proprio nel fatto che, per quanto il passato sia reale e vivo nella nostra anima e nel nostro corpo, in realtà non esiste più. E il chiamarlo più forte (“E griderò forte, ma non starò meglio…”) non lo riporterà mai da noi.
Il conflitto interiore pare eterno, tra la voglia di rivalsa (“Mi dimenticherò di te…” – “E mi innamorerò di lei…”) e il successivo ritorno alla rassegnazione che va a chiudere il brano.
Un dramma che viviamo, o, più auspicabilmente usando il passato, abbiamo vissuto tutti.
(Stefano Giannetti)
Irama: 7,5
Fino a qui
Alessandra Amoroso porta sul palco la solita ballad sanremese che esplode in un ritornello cantato a squarciagola, che quasi automaticamente strappa gli applausi del pubblico dell’Ariston.
Il brano sembra seguire una vera e propria linea guida sulla composizione di un brano che deve piacere a tutti, e che alla fine non è né brutto né bello, sa solo quello che non è.
I punti a favore sono la straordinaria vocalità e una bella citazione a L’Odio di Kassovitz.
“Piano dopo piano mi ripeto fino a qui tutto bene”
(Filippo Micalizzi)
Alessandra Amoroso: 5,5
Tutto qui
“Tutto qui” di Gazzelle è il tipico pezzo di Gazzelle ma portato davanti ad un contesto che sembra non gli appartenga. Il brano se ascoltato su Spotify riesce anche ad essere bello, ma se si prende in considerazione la sua esibizione sul palco, si nota fin da subito quanto lo stile introverso di Gazzelle non riesca a sposarsi bene con la formalità del festival.
Qui però bisogna giudicare la musica, e “Tutto qui” riesce ad essere uno dei più convincenti di quest’anno.
(Filippo Micalizzi)
Gazzelle: 7
Tuta Gold
Nella semplicità di molti brani portati sul palco, Mahmood riesce ad essere complesso e per niente banale. “Tuta Gold” si allontana dagli stereotipi di Sanremo fatti dai soliti testi sugli amori perduti e ci riporta indietro al ricordo di un’adolescenza sanguinante fatta di odio e rancore.
Il brano passa dal classico sanremese al clubbing in un secondo, trasportando a pieno l’ascoltatore nei sentimenti dell’artista.
(Filippo Micalizzi)
Mahmood: 8
I p’me, tu p’ te
Uno strappo alla regola, quello di Amadeus, che chiude un occhio sulla lingua del brano pur di ammettere Geolier, e non so perché mi aspettavo un pezzo sublime.
Su Spotify, in radio e sui social sta andando benissimo, (un po’ la quota Lazza del 2024), discostandosi dall’abbinamento napoletano-Gigi d’Alessio (d’altronde, anche a Rocco Hunt era andata bene).
Ha conquistato anche il primo posto in classifica durante la seconda serata ed è a rischio podio nei pronostici finali, e non avevamo dubbi visto il successo clamoroso dell’artista lo scorso anno.
Da uno dei rapper più promettenti del momento però mi aspettavo di più.
Per carità, il pezzo ci piace, ma forse è già sentito.
(Sara Pederzoli)
Geolier: 7-
Onda Alta
Avete presente quei brani che sotto ad un sound danzereccio e orecchiabile nascondono un messaggio da pugno nello stomaco? Ecco, questa è Onda Alta.
Dargen fa Dargen, arrivando con i suoi occhiali da sole e un vestito fatto di Teddy Bear, ma sotto un primo ascolto del brano, si cela un forte e coraggioso impegno sociale. Porta sul palco il dramma dei migranti, ma anche un quasi doveroso “Cessate il fuoco”.
Probabilmente non arriverà in alto in classifica, ma sicuramente Dargen sfrutta la vetrina Ariston in un modo non solo musicale, macinando allo stesso tempo valanghe di punti per il Fantasanremo.
(Sara Pederzoli)
Dargen D’amico: 7,5
Due altalene
Se l’anno scorso Mr. Rain aveva conquistato il cuore di tutti con il coro di voci bianche, quest’anno lascia a casa i bambini portandosi solo le loro altalene.
Il pezzo porta comunque un messaggio impegnato e profondo, ma che deve essere spiegato per essere capito, facendo perdere immediatezza e significato alla canzone.
Dopo il successo del 2023, l’impressione è quella che Mr. Rain si sia seduto sugli allori (o più che altro sulle altalene).
(Sara Pederzoli)
Mr. Rain: 6
Vai
Per trovare il proprio posto nel mondo a volte è necessario non guardarsi indietro e andare via. Anzi invertiamo le lettere e vai come esortazione verso un futuro migliore. Alfa porta all’Ariston i sogni di una generazione spesso in lotta tra pressioni sociali, vita quotidiana e desideri all’apparenza impossibile. Senza dimenticarsi che le emozioni possono complicare tutto, sia nel ridere che nel piangere capita di mette un filtro alla realtà.
L’agire diventa un atto di forza tangibile, che può non essere influenzato dalle circostanze se si ha costanza e forza di volontà.
C’è anche un momento di autocelebrazione, rappato, nel quale l’artista genovese racconta la differenza nel cantare una canzone in cameretta, arrivando a suonare in un palazzetto.
Alfa ,senza neanche troppa paura è pronto a lanciarsi contro nuovi traguardi, e allora in bocca al lupo fischiettando uh-uh.
(Nicolò Granone)
Alfa: 6,5
Fragili
In un mondo dove si cerca di esaltare ogni minimo punto di forza e nascondere anche la più piccola debolezza, Il Tre ha il coraggio di esibirsi con il brano Fragile.
Il dolore può essere un armatura che appesantisce, se però si riesce a indossarlo, iniziando ad accettarlo come condizione umana si trasforma in uno strumento che protegge e da forza. Bisogna trovare anche la consapevolezza di ammettere i propri errori, fare mea culpa e cercare di rimediare agli sbagli. La perfezione è solo una grande bugia, dalle crepe infatti può uscire una nuova luce che illumina tutto ciò che sembra oscuro e buio.
(Nicolò Granone)
Il Tre:7,5
L’amore in bocca
La rabbia tiene svegli tutti gli animali, ma l’essere umano ha la colpa di poter pensare, gustare i sentimenti e rimanere in bilico tra l’istinto e la ragione. Capita anche di essere attratti dalle incertezze, di rimanere affascinati dal pericolo e lasciarsi con l’amore in bocca, senza farlo apposta, rendendo il tutto ancora più amaro.
Questo brano criptico, ricco di metafore, descrive la fine di una relazione in cui ognuno è colpevole di aver creduto troppo nelle aspettative, di essersi gettato in una missione suicida, nonostante fosse già consapevole della situazione di pericolo. Ogni bacio era un piccola dose di veleno da ingurgitare, mentre si pensava di farsi del bene in realtà si stava combattendo una guerra con due vittime sacrificate sull’altare del cuore, che nonostante ciò non calmeranno la sua fame di passione e verità.
(Nicolò Granone)
Santi Francesi: 9
Ma non tutta la vita
L’intro è già un nostalgico tuffo nel passato: “Che confusione”. Il messaggio del brano, invece, è molto chiaro ed arrangiato in chiave moderna. I Ricchi e Poveri emanano un entusiasmo travolgente e la melodia entra immediatamente in testa.
Cogli l’attimo: è questo il condivisibile invito. Traslato in amore, nei rapporti umani e nelle cose che più ci coinvolgono. Perché tutto ha un inizio e tutto ha una fine. Vivere l’ora ed il presente come lo vivono loro. Sarebbe questo il successo più grande per chi li ascolta. Intramontabili.
(Simone Sebastiani)
Ricchi e Poveri: 6,5
Il cielo non ci vuole
Un ultimo bacio per un’ultima volta. Un unico istante che racchiudo un infinità di secondi. Il sentimento, la rabbia, l’amore, la malinconia. In realtà forse è più la paura di scrivere nuove pagine e di cancellare ciò che avevamo scritto con semplici matite HB.
La tristezza è una componente intrinseca all’amore, ma come tutto, anche lei riuscirà a sparire, un giorno. Riusciremo a riprovare gli stessi brividi, gli stessi sospiri e a rivedere gli stessi lineamenti delle labbra irrigidirsi in un sorriso.
E comunque, preferiamo queste ballad piuttosto che il reggaeton italiano, Fred!!!!
(Viola santoro)
Fred de Palma: 7
Un ragazzo, una ragazza
Ritmo , estate, spiaggia. Una proposta costruita ad hoc per entrare in testa, in modo veloce e scattante. “È inutile parlare per ore”, totalmente ragione!
Il gruppo napoletano fa di nuovo centro, presentando un ottimo sequel del precedente tormentone Italodisco, testo semplice ma giusto per farci viaggiare con spensieratezza verso mete future.
Ah, anche voi già in fissa con il balletto?
(Viola Santoro)
The Kolors: 7
Spettacolare
Spettacolare è l’abbraccio o, almeno, ciò che va a definire qualunque tipologia di vicinanza che ti faccia sentire bene. “Abbracciami che è normale, stringerti forte è spettacolare”: affidarsi tra le lacrime a qualcuno che sia disposto a sentire e a percepire il tuo dolore è ciò che è facilmente descrivibile come amore.
Da una caduta si può rinascere, ciò che ti libera dalle sabbie mobili può essere l’amore di un semplice abbraccio, quella caduta allora non distrugge, prepara ad una salita.
Una bella canzone pop che, come dice Maninni, profuma di casa.
(Viola Santoro)
Maninni: 7,5
Pazzo di te
Renga e Nek sono quel duo che non pensavi di aver bisogno… Sono bravissimi a cantare un brano strumentale su cui si appoggia un testo e una melodia che sarebbero stati molto apprezzati tra fine anni Novanta e i primi Duemila.
Il pezzo è un rendersi conto che “l’amore è stupido” e che proprio per questo “sono pazzo di te”, è un enumerare di spiegazioni di cosa l’amore è, che lo sa solo Dio, che “è più pazzo di me”. Un brano perfetto per gli anni Duemila, un po’ meno per il 2024.
(Lorenzo Ottanelli)
Renga Nek: 6
Apnea
Con un pezzo garage, Emma fa ballare l’Ariston. Un brano sulla fine di una relazione che non è possibile chiudere, perché si è ancora innamorati, anche se siamo già arrivati all’avvocato. E non è possibile fare a meno di pensare che ancora si rimane in apnea, perché l’altro ti “toglie il respiro”, anche se non sono qui di nuovo, insieme.
Apnea vibra su un buon mix di sintetizzatori e strumenti che valorizzano la voce. La melodia scelta è perfetta per un pezzo che è a metà tra i classici italiani e la dance londinese. In fondo, è un buon passo avanti per Emma.
(Lorenzo Ottanelli)
Emma: 8
Pazza
Un brano autobiografico e di rivalsa, con un impianto rock ben studiato e un riff di chitarra che ci accompagna per tutta la canzone. È la storia della sua vita, dei suoi difetti e dei suoi pregi, della follia che la circonda, della donna che è stata e di quella che è ancora, non di certo “una signora”.
Tra balli sulle vipere e cuori spremuti come dentifrici, Loredana Bertè insegna come deve essere la vita libera, senza giudizi su sé stessi. “Mi sono odiata abbastanza” è la voglia di mettere un punto sulle paranoie vissute e di prendere coscienza, orgogliosamente, del fatto che prima “ti dicono basta sei pazza e poi ti fanno santa”.
(Lorenzo Ottanelli)
Loredana Bertè: 8
finiscimi
Tratto da una storia vera: sangiovanni si mette a nudo. Un brano malinconico e nostalgico che parla della fine di una storia d’amore. Il cantante prende coscienza degli errori commessi in maniera struggente. Soltanto così si può voltare pagina e seppur non sia per nulla semplice, perché la nostalgia non lo abbandona, è un fortissimo punto d’inizio.
Un brano che ci rivela la profondità di sangiovanni. Si discosta da qualche suo tormentone, in maniera tremendamente vera. Da apprezzare il coraggio nel portare in gara una canzone appesantita di significato, di un’intensità sorprendente.
(Simone Sebastiani)
sangiovanni: 6
DIAMANTI GREZZI
Imperfetti ma veri: questi siamo noi. Come diamanti grezzi, in perenne lavorazione e trasformazione, le nostre esperienze segnano la nostra identità. Prendere coscienza di ciò ci consente di allontanarci dal concetto di inutile perfezione, vivendo in maniera più libera e spensierata. “Non saremo mai quello che poi ti aspetti”: accettare cambiamenti e riconoscere gli errori è la soluzione per diventare persone migliori.
Clara rappresenta una delle rivelazioni di questo Festival. Bella voce, melodia che ti entra in testa e significato profondo. Bersaglio centrato, il futuro è tutto suo.
(Simone Sebastiani)
Clara: 7
Sinceramente
“Sto facendo un passo avanti e uno indietro, di nuovo sotto un treno”
Annalisa si conferma nuovamente regina delle hit, con il suo “quando quando quando” e il testo di “Sinceramente”, il brano proposto per il Festival di Sanremo, è una denuncia a quelle relazioni tossiche della nostra vita, in cui noi diamo tutto e riceviamo in cambio solo nuvole di fumo, ma non riusciamo a staccarci mai veramente.
Ottima performer e tecnicamente impeccabile, Annalisa è di nuovo riuscita a conquistare anche i più scettici con una melodia travolgente e un ritornello accattivante, non ha puntato sull’emotività ma sulla carica esplosiva del brano, unica pecca: non ci ha mostrato nulla di nuovo rispetto a quello che già conoscevamo; non ci stupiremmo comunque di vederla tra i primi nomi in classifica.
(Margherita Ciandrini)
Annalisa: 8
Casa mia
Ghali, con “Casa mia”, porta una denuncia all’interno del festival di Sanremo e canta di inclusione, di guerre che l’unico scopo che stanno raggiungendo è l’attacco a persone indifese e ferite, di case perse e ritrovate altrove, e non è mai facile sentirsi straniero in un posto che chiami casa tua.
La giusta dose di emozione, denuncia e ritmica dance, Ghali unisce tutti gli ingredienti per ottenere un brano molto forte che forse per essere capito appieno ha bisogno di più ascolti e di una riflessione più profonda, nel complesso, si riduce tutto ad una semplice domanda: “casa mia, casa tua che differenza c’è? Non c’è.”
(Margherita Ciandrini)
Ghali: 8,5
Autodistruttivo
Una tematica molto delicata e purtroppo anche molto attuale, La Sad è riuscita a mantenere la propria identità punk pur trattando di argomenti tanto difficili come quelli della violenza domestica, del suicidio e dell’autolesionismo.
Si potrebbe pensare che abbiano affrontato quei temi con leggerezza, senza dargli la giusta importanza e prediligendo lo spettacolo al cantare effettivamente il brano con le giuste emozioni, ma già dalla prima esibizione abbiamo notato quanto la canzone sia cucita addosso a Plant, Theo e Fiks che hanno anche dato una buona prova delle loro doti canore, togliendo un po’ di quell’autotune che solitamente li contraddistingue.
Ragazzi che non hanno paura di mettersi in gioco, La Sad è riuscita a far cantare “Autodistruttivo” anche a chi proprio non li capisce, perché attraverso il dolore, bene o male, siamo tutti più uniti, ma il messaggio è un altro: nessun rapporto, davvero importante, è irrecuperabile.
(Margherita Ciandrini)