ruàn: “Musica dance per tenere a distanza i problemi” | Intervista
“E metti una distanza siderale al centro della stanza a congelare, si metti una distanza siderale che non so affrontare.”
ruàn dice la verità o meglio ammette che deve affrontare un problema, ma questa canzone, “SIDERALE” appunto, potrebbe essere la soluzione. In un atmosfera da club viene voglia di ballare, divertirsi, fino alla fine della notte, lasciando da parte ansie e preoccupazioni inutili.
Quando il ritmo inizia a trasportare l’ascoltatore dentro al movimento, diventa quasi automatico isolarsi dal contesto in cui ci si trova, ed è molto difficile rimanere fermi e non catapultarsi in una danza apotropaica, utile a scacciare ogni malessere, ritrovando e scoprendo nuove forme di energia.
INTERVISTANDO ruàn
“Siderale” che storia racconta?
Siderale l’ho scritta ormai un paio d’anni fa, completamente di getto. In mezza giornata era finita. Certe volte succede, altre volte ci vogliono settimane. Ma con quelle che scrivi rapidamente fai fatica a star loro dietro e a capire esattamente di cosa parlino, hanno vita propria. Dopo due anni penso di poter dire che siderale non parli di una situazione nello specifico, non racconta una storia unica, mette insieme parti di tante storie che si agganciano in modo diverso ad un tema: l’esigenza di mettere distanza con gli altri dopo averne ricevuta.
Può sembrare assurdo ma a volte è veramente leggera la distanza tra il non voglio, non posso o non riesco?
Sono assurdi i nostri tentativi di confonderli nella speranza di mentire a noi stessi. La distanza che passa tra i tre di per sé è netta ma è più facile renderla sottile che scegliere da quale parte vogliamo stare. Troviamo strade contorte per arrivare alla meta che vogliamo raggiungere, anche se magari non è quella giusta per noi.
Hai mai sentito il bisogno di ballare sulle delusioni?
Ultimamente sì. Le delusioni, e più in generale le cose che mi creano un certo grado di sofferenza, sono sempre state il mio carburante per scrivere canzoni. Da quando mi sono avvicinato alla musica dance e inaugurato questa nuova stagione del progetto con la band, si è creato però uno strano ibrido: le delusioni hanno preso una piega molto più disco. Sto ancora cercando di capire questa nuova cifra stilistica.
Il tempo è un limite fisico?
Penso che sia il limite per eccellenza. Non ho mai avuto un buon rapporto col tempo e ancora non abbiamo fatto pace. Il paradosso è che se non lo sento scadere, perdo motivazione per quello che sto facendo, musica compresa. Uno strano odi et amo.
Passato e futuro sono due momenti con la stessa importanza?
Vorrei che lo fossero, ma almeno per me non è così. Trovo veramente difficile guardare avanti, anche se sarebbe la cosa migliore da fare. Alla fine il passato è confortante: anche i momenti peggiori sono andati, diventano inoffensivi. È un castello nel quale passo fin troppo tempo, ma penso di essere in buona compagnia.
Hai provato ansia per l’uscita di questo nuovo brano?
Devo dire stranamente di no. È stata una canzone che ha sempre funzionato molto bene live e anche al livello produttivo ci ha stressato meno di altre. È stata forse quella con la quale ci siamo divertiti di più in studio. Io e i ragazzi siamo abbastanza fiduciosi, comunque vada siamo convinti che questa sia stata la strada giusta da percorrere per la canzone.
Per qualcuno la musica impegnata può diventare un problema?
Tutto può diventare un problema per tutti, soprattutto nell’ultimo periodo.
Penso che ognuno debba fare la musica che vuole senza pestare i piedi agli altri, anche perché nessuno è obbligato ad ascoltare una canzone.
La notte crea degli ideali?
Se c’è un tema che torna sempre nelle cose che scrivo, quello è la notte. È una specie di ossessione artistica che mi piace molto, anche nella consapevolezza di diventare ridondante. È quel momento della giornata in cui le convinzioni vacillano e le cose superflue assumono progressivamente importanza. Non so se la notte crei ideali, non penso crei nulla, sicuramente è una grande musa.
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