Barbara e Talya | Indie Tales

Di Stefano Giannetti

«Ce l’hai ‘na sigaretta?»

«Solo Heets.»

«Pure te con l’IQOS? Cazzo di uomo sei?»

«C’ho ‘n’età. Cerco di fa’ meno danni possibili.»

«C’hai ‘n’età.»

Sospiro e mi copro le tette col lenzuolo per nascondere a entrambi i capezzoli viola che sembrano due pulsanti attaccati col biadesivo. Guardo i suoi pettorali abbastanza scolpiti, il suo addome abbandonato a un po’ di pancia.

«Quindi hai usato il viagra, Età?»

Ride e sbuffa il fumo della sua finta sigaretta alla merda.

«No. Non escludo che tra un po’ mi servirà, ma ancora non è giunto il momento. Se scopo perché voglio farlo. Non è come quando lavoravamo, Talya.»

Ho un senso di nausea. Sollevo la schiena e cerco subito la t-shirt sul pavimento, per non fargli guardare a lungo la mia schiena macchiata e piena di rotoli.

«Perché non t’eri scelto un nome d’arte, Robe’?»

«Non volevo essere ricordato per il nome, Barbara.»

M’infilo slip e pantaloni da seduta. Ora che sono tutta coperta posso alzarmi e cercare la trousse nella borsa.

«Mica il cazzo lungo ce l’avevi solo tu.»

Mi giro per vedere se ostenta l’uccello, toccandoselo sotto il lenzuolo. Non lo fa. Continua a sorridere. Alla luce, le rughe attorno ai suoi occhi e gli spazi di testa disabitati dai capelli si vedono meglio.

«Allora eravamo relativamente in pochi a sventolare la mazza.»

Mi avvicino allo specchio e la nausea aumenta. Le sue rughe sono un decimo delle mie.

Inizio dalla matita attorno agli occhi.

«Anche noi eravamo poche. Ora è pieno di troie e… qual è il maschile di troie? Comunque, è pieno, ma nessuno sventola niente. Si nascondono, i vigliacchi. Noi avevamo coraggio.»

Attraverso lo specchio vedo che si alza anche lui. Passo al rossetto.

«Dici? Io rimpiango di essere nato presto. Sarebbe stato comodo avere Onlyfans. Meno stressante. Avrei lavorato se e quando m’andava.»

Mi mordo il labbro, il rossetto mi macchia i denti. Metto tutto a posto in fretta e furia e mi avvicino alla sedia con sopra il resto delle mie cose.

«Non capisci un cazzo. Quelli sudano come maiali per stare ai nostri livelli.»

«Quali livelli?»

«Vabbè, i livelli di allora. Non hanno fantasia, esibizionismo. Può stare su Onlyfans il portiere di ‘sto condominio, o la cassiera del Lidl qua sotto, ma mica te lo dicono.»

«Non credere. Non tutti lo tengono segreto.»

«Ma lo fanno per ripiego, perché non riescono a campare, dicono. Minchia, Robe’. C’hai mai pensato ai soldi, tu? Io no.»

«È per quello che te sei magnata tutto?»

«Ma vaffanculo.»

Gira attorno al letto e viene a fermarmi con la mano sul mio polso.

«Pure io c’ho fame, non la piglia’ male. Allora stavamo quasi al pari con gli attori normali, è vero. Ci invitavano pure in tv ai programmi della domenica. Ma solo perché non ci stava internet. Il porno era già difficile vederlo, figurati farlo. A proposito…»

Cazzo, l’ha visto. Vabbè, pure io potevo portarmela, una scatola.

«Un VHS? Dove l’hai ripescato?»

Mi metto il registratore sottobraccio e vado verso la porta.

«Me l’ha prestato Fabrizio.»

Sorride, sornione e idiota.

«Vuoi rivederti i nostri film?»

Lasciami andare.

«Diciamo. Oh, dai. Ti scrivo.»

«Aspe’. Ma Fabrizio non t’ha detto niente?»

«De che?»

«Gira voce che vuole fa’ un reality, un talent. ‘Na cosa di queste. Per aspiranti pornostar.»

«Un altro? A che serve? Il futuro non era Onlyfans?»

«Cercano vecchie glorie come insegnanti.»

Alzo gli occhi al soffitto.

«Ti chiederei chi devo scoparmi per ottenere il ruolo, ma m’hai vista. Mi tengo insieme con la colla.»

«Sto tartassando la qualunque al telefono. Ho fatto già il nome tuo.»

«Ah.»

«Non t’interessa? Oh. So’ soldi. Non tanti come una volta, ma…»

In effetti. Anche se non mi va di guardare tante tettine bianche e fresche e i culetti che stanno su.

«S’è fatto tardi. Poi vediamo. Grazie. Cia’.»

 

Fortuna che il mio condominio è qua vicino. Meglio che mando un WhatsApp a quest’altro. Come si chiamava? Ah, Filippo.

– Sei solo? –

– Sì. Sali. 😊

Salgo. Suono. Filippo mi apre con una Fiesta in mano e il cioccolato attorno alla bocca.

«Ciao, Talya!»

Mi porto l’indice alle labbra.

«Parla piano. E chiamami Barbara.»

Come ci fosse davvero il pericolo che qualcuno si ridesti, qua attorno, a sentire il mio soprannome.

Mi fa strada.

«Fili’, perché non ti metti a dieta? Pensaci adesso, da grande te ne penti. Vuoi diventare come me?»

Si gira e mi infila i suoi occhietti in tutto il corpo. Ghigna.

«Mica sei grassa.»

«Non m’hai vista nu… lascia sta’. Un po’ di ciccia ce l’ho. Tu fai ancora in tempo a toglierla.»

«Me lo dicono tutti. Vieni, porta il VHS.»

Entro in salotto. Filippo s’è ficcato dentro al mobile, sotto la tv. Ne riesce col malloppo in mano. Mi guarda e ride.

«Ne ho trovate altre.»

Le cassette dei miei vecchi film. Su quelle custodie sono magra, liscia. Le tette sono ancora le mie.

«Cioè, papà c’aveva tutta ‘sta roba nascosta.»

Gli do un buffetto sulla guancia.

«Una volta funzionava così. Poi sono arrivati i cellulari.»

Mi prende il videoregistratore dalle mani, lo sistema e gioca coi fili per collegarlo.

«Non le ha imboscate benissimo, però. Forse s’era scordato di averle. Cercavo un adattatore per la presa tonda, venerdì scorso. E le ho trovate. Non avevo mai visto una videocassetta. Su internet sì. Ma non ne avevo mai toccata una.»

«Posso bere un bicchiere d’acqua?»

«Come fosse casa tua. La cucina è lì.»

Continua a parlarmi dalla sala ad alta voce.

«Non ci potevo credere. Quando t’ho vista su queste copertine, t’ho riconosciuta subito. La mia vicina era un’attrice famosa! Ho iniziato a aspettarti sul pianerottolo apposta!»

Rido senza volerlo, mi va di traverso l’acqua.

«Me ne sono accorta. C’hai avuto coraggio a parlarmene.»

«Perché coraggio? Dovevo. Cazzo, eri bellissima! Cioè, sei…»

Poso il bicchiere sul tavolo e mi affaccio alla porta.

«Va bene. Non rompere il registratore e non farlo vedere ai tuoi. Che manco è mio. Devo andare.»

Si alza e piagnucola.

«Resta! Guardali con me! Starò da solo fino alle due!»

«No, guarda, sto impicciata oggi.»

«E daiiii.»

«Ma la scuola?»

«Oggi e domani ci fanno i seggi elettorali.»

Guardando ‘sto bambinone cicciottello mi pare di rivedere suo padre negli anni ’90. Anche se non lo conosco.

«Filippo. È un po’ strana ‘sta cosa. E poi, non si trovano in rete i miei filmati?»

Bofonchia, la bocca piena dell’ultimo morso alla merendina.

«Spezzoni di qualità video pessima. Stai un’oretta, almeno. Sarà fico, come una prima cinematografica col cast in presenza.»

Mi scappa di nuovo il riso.

«Un nerd. Quanti anni hai?»

«Tredici.»

«Non hai in mente qualcosa di sconcio nel guardarmi fare sesso mentre sto sul tuo divano, vero?»

Aggrotta le sopracciglia. Se recita innocenza, recita bene.

«Che? No. No! Per chi m’hai preso?»

Per un ragazzino normale.

Mi siedo accanto a lui.

«D’accordo. Ma un film solo. Poi scappo.»

Si sfrega le mani.

«Grande!»

Accende tv e VHS. Scruta il retro della custodia.

«Ma dura tantissimo!»

«Eh, non esageriamo.»

«I video dei siti e di Onlyfans sono molto più corti.»

«Eh? Sei abbonato a Onlyfans?»

«Ero. Poi le mance di Natale sono finite.»

Gli do uno schiaffo sul braccio mentre il video parte.

«Monello.»

Nelle prime immagini ci siamo io e Katia, allora conosciuta come Baby Bomb, che ci intrufoliamo nello spogliatoio di una squadra di calcio. Tra i giocatori ci sono Fabrizio e Roberto.

Filippo si china verso lo schermo e si copre la bocca con la mano.

«È superlativo!»

«Non hai visto ancora niente.»

«Invece sì. Il set, le luci. Questo è un film vero! Sembra che stavate veramente allo stadio!»

Mi gratto la fronte. Un cinefilo che apprezza i porno. Mi mancava.

Ora che Katia ha iniziato a fare un pompino s’è zittito. Nemmeno io so cosa dire mentre l’inquadratura si sposta su di me che mi spoglio, in piedi su una panca. Non vorrei guardare. Ho visto e rivisto ‘sto film negli ultimi anni. Da sola, coi colleghi. Ma è la prima volta che riconosco la ragazza snella sullo schermo, che ancora non conosceva il bisturi, come me stessa.

Filippo trattiene il fiato. Che tenero.

Poi prende il telecomando e mette in pausa.

«Che c’è? Sei rimasto sconvolto?»

Gli brillano gli occhi.

«Ho avuto un’idea.»

Ho un fremito.

«Oddio. Avevi promesso.»

Prende il cellulare e smanetta frenetico.

«Faccio venire qua certi miei compagni di classe.»

«Cos-cosa?»

Mi scuote le spalle.

«Devono vederlo! La merda che guardiamo noi non c’entra niente con ‘sto capolavoro! C’ho un amico che riuscirà sicuro a esportare i file delle cassette in formato dvd.»

Il tremore cresce. Il petto si gonfia, mi sembra di risentire le mie bocce.

Mi distrae solo il telefono che mi mostra una chiamata persa.

«Barbara. Non ti dispiace, vero? Lo so che è una piratata. Ma le cassette non si usano più.»

«Ma figurati.»

«Saranno qui subito. Abitano tutti qua vicino.»

Scuoto la testa.

«Come vuoi. Intanto faccio una telefonata.»

Torno in cucina, cerco di recuperare un respiro normale. Bevo ancora e richiamo Roberto.

Risponde al secondo squillo.

«Barbara! Anzi, Talya! C’hai un culo come una capanna!»

«Grazie d’avermelo ricordato.»

«Cazzo dici? C’hanno presi tutti e due. Saremo tra i prof del talent porno! Fabrizio è stato zitto fino all’ultimo perché la casa di produzione lo teneva per le palle, ma ha detto che aveva pensato a me e a te dall’inizio se riusciva a farlo. Sicuro tra un po’ ti chiama, ma non riuscivo a tenermelo dentro!»

Porca puttana.

Quanto trambusto di là. Sono arrivati i ragazzini.

«Ba’? Tutto ok? Che è ‘sto casino?»

Mi manca il fiato di nuovo.

«Niente. Tutto bene.»

«Oh, tranquilla. Non suderai. So’ quattro puntate, attore e attrice vincitori già decisi. Ma ‘sti cazzi, torneremo famosi! Ci conosceranno pure i giovani, magari ridistribuiranno i nostri film. Ci pensi?»

A proposito. Qualcuno ha ravviato la cassetta. Sento le “battute”. E abbassate, cazzo.

«Barbara, ma che è? Stai già festeggiando?»

«Possiamo sentirci dopo?»

«Rispondi a ‘sto telefono quando ti chiama Fabrizio, però.»

Bevo il terzo bicchiere d’acqua e faccio capolino in salotto. Ci sono tre ragazzi con Filippo. Saltano su divano e poltrone e scimmiottano i gesti del film.

«Porco mondo, dove cazzo la tenevi nascosta ‘sta roba, Filippo infame?»

«Noooo, questa la riprendo col cellulare. A casa mi chiudo nel cesso finché non torna mamma!»

«E se io me la sparo qua ‘na sega? Piglia due asciugamani, Fili’! O i calzini!»

Cerco di non farmi sentire, trattengo le risate. Questo salotto sembra una diapositiva della previsione di Roberto al telefono.

Filippo si alza e agita le braccia. Grida sussurrando tra i denti.

«Statevi calmi.»

«Oh, guarda che te li riporto puliti i panni.»

«Raga’, facciamo i dvd di ‘ste cassette e li vendiamo a scuola. Famo er botto!»

«Daje, Fili’! Caccia ‘sto cobra pure tu!»

Il mio nuovo amico gli fa cenno di stare zitti e si volta a guardarmi. Sorride, arrossito.

«Voi non sapete chi c’ho a casa…»

Ora mi osservano tutti. Uno si nasconde, un altro si tira su i jeans in un lampo.

«Merda.»

«B-buongiorno.»

«Ci scusi, noi… Fili’, spegni.»

Resto impalata. Finché non sento uno di loro convinto di aver bisbigliato abbastanza piano.

«Fili’, ma chi è, tu’ nonna? Ma lo vuoi dire che sta qua?»

«Che figura di merda.»

Filippo dà uno schiaffo alla nuca allo smilzo di fianco a lui.

«Imbecilli. È Talya!»

«Chi?»

Prende la custodia, gliela mostra e mi indica. I tre mi fissano. Mi giro di scatto e torno in cucina. Ma li sento lo stesso.

«Ma non prendere per culo. Volevi che ‘na vecchia ci guardasse a farci le pippe. Perciò stavi buono. Bello scherzo del cazzo.»

«Ma quale scherzo. Sei cieco? Non hai visto la somiglianza?»

«Gli occhi e basta ci sembrano. È solo ‘na vecchia.»

«Cretino, non farti sentire. So’ passati trent’anni.»

«Sì, le piacerebbe, trent’anni. Ti sei fatto imbroglia’? T’ha detto che è lei l’attrice perché vuole ‘na parte dei soldi dei dvd?»

Mi sento le gambe cadere, ho un lumacone che mi sale in gola.

Prendo cappotto e borsa, vado verso il VHS. Anzi, no. Non voglio passare davanti a loro. Esco sbattendo la porta.

Filippo corre fuori, urla il mio nome. Ma sono già nell’ascensore che scende.

Esco di corsa, faccio il giro del palazzo. Poi mi fermo, faccio qualche respiro a pieni polmoni. Appoggio la mano a un palo. Tiro fuori il cellulare.

Chiamata persa da Fabrizio.

Apro WhatsApp e gli scrivo di trovarsi un’altra per il talent.

E che gli devo un videoregistratore.

Racconto liberamente ispirato al brano “Pop Porno” de Il Genio