I Migliori Album dell’Indie Italiano del 2024

I Migliori Album dell’Indie Italiano del 2024

Il 2024 si conferma un anno di svolta per la musica globale: mentre a livello internazionale la trap ha ceduto il trono ad altri generi emergenti, in Italia il fenomeno sembra ancora saldo al comando delle classifiche e delle preferenze mainstream. I report ufficiali parlano chiaro: la trap domina, cattura l’attenzione dei media e detta legge nei numeri. Tuttavia, sotto la superficie patinata dei grandi successi commerciali, c’è un movimento vivace che continua a crescere e innovare.

Cantautori, cantautrici e band dell’indie italiano stanno costruendo un’alternativa solida, esplorando territori sonori che spaziano dal rock al jazz, dal blues al pop, senza dimenticare incursioni nel rap e nell’R&B. Questa scena, lontana dai riflettori più accecanti, racconta storie autentiche, sperimenta sonorità coraggiose e, soprattutto, dialoga con un pubblico ben definito: giovani adulti tra i 20 e i 35 anni, curiosi, attenti e desiderosi di ascoltare qualcosa che vada oltre le formule già collaudate.

In questo articolo esploreremo i migliori album indie italiani del 2024, opere che non solo rappresentano il meglio della scena alternativa nazionale, ma che testimoniano anche un fermento artistico impossibile da ignorare. Preparatevi a un viaggio tra testi intensi, arrangiamenti sorprendenti e voci che sanno come arrivare dritte al cuore.

Ainè – LEGGERO

Il nuovo concept album di Ainé è un diario emotivo che racconta l’elaborazione di una separazione e la successiva rinascita.

É il cammino che parte dal preannuncio del dolore fino ad arrivare alla scoperta dell’armonia tra l’ombra e la luce.

Dodici brani per dodici mesi, dodici mesi per cadere e rialzarsi.

Se la prima parte, “Buio”, raccontava la perdita di direzione, delle certezze e il crollo delle fondamenta di quello che si era costruito. “Leggero” affronta la rinascita, la risalita da quel periodo buio ma anche il coraggio di guardare al passato così com’è senza volerlo cancellare.
Quasi tutte le tracce sono susseguite da degli outro, transizioni musicali che cullano l’ascoltatore da un mese ad un altro.

“LEGGERO” è stato anche un’occasione per l’artista romano di affinare un nuovo sound, abbinando il suo stile R&B e soul inconfondibile al mondo dell’elettronica e del clubbing, con beat carichi di groove riconducibili al mondo dance e deep house.
Un lavoro ricco di spunti e ascolti e denso di contenuti che evidenziano una grande capacità di ricerca e sperimentazione difficili da trovare nella scena musicale italiana.

Angelica – Sconosciuti Superstar

Sconosciuti Superstar è il nuovo album di Angelica: il terzo disco della cantautrice che con un back to the roots, viene pubblicato lo stesso giorno in cui, cinque anni fa, è stato pubblicato il primo disco Quando finisce la festa.

Scritto con la partecipazione di Calcutta e Domenico Finizio, il nuovo album contiene melodie appiccicose sopra un sound variegato ma omogeneo allo stesso tempo: si va dalla disco a ballate organiche, passando per chitarre distorte, synth e arpeggiatori senza strappi al motore, confermando l’abilità della cantautrice di mescolare tutto quello che le piace senza porsi limiti.

Sconosciuti Superstar è un disco sincero, vissuto in prima persona, un processo emotivamente impegnativo ma allo stesso tempo liberatorio, che permetterà ad Angelica di proseguire il suo viaggio in maniera più leggera.

Anna Castiglia – Mi piace

Anna Castiglia è pronta: MI PIACE”, il suo primo album.

Il disco oscilla tra momenti di leggerezza e profondità, passando da riflessioni sulla nostalgia e le relazioni finite a critiche sottili sulla chiusura mentale e istituzionale. Musicalmente, spazia dal pop e R&B a influenze samba, swing e gipsy, creando un panorama sonoro ricco e variegato.

Il titolo dell’album, tratto dalla traccia di apertura, rappresenta una dichiarazione d’intenti: non si può piacere a tutti e imparare ad accettarsi prima di cercare l’approvazione degli altri. Con brani che spaziano da ironiche metafore a critiche taglienti, l’artista celebra insomma la libertà creativa. Così, “Mi piace” va a esplorare una vasta gamma di temi e sonorità, mescolando introspezione personale a osservazioni sociali.

Un disco che non “ammorba”, che “ammortizza” il rumore disturbante della musica sintetica, che ci “ammorbidisce” l’anima perchè ci fa ben sperare per il cantautorato italiano che sarà.

Any Other – stillness, stop: you have a right to remember”

“stillness, stop: you have a right to remember” è un disco delicato e cristallino, cesellato e affilato come un diamante, profondo e vasto come l’oceano. Otto tracce, come sempre in inglese, in cui Any Other si mette completamente in gioco e riflette su se stessx tirando delle somme, con il desiderio di affrontare il futuro dopo aver sistemato alcune delle questioni irrisolte del proprio passato. Il titolo dell’album fa riferimento alla rimozione dei ricordi quando si subisce un trauma, e a quel bisogno che inevitabilmente arriva a un certo punto della vita di fermarsi e di prendere del tempo per se stessx, per colmare quel vuoto di memoria che si era formato. Perché insieme ai ricordi brutti spesso si perdono anche quelli belli, quelli che rendono il bianco e nero una zona grigia, e questo non mi andava. racconta l’artista. Perché le cose complesse e importanti non possono essere bianconere.

Any Other sposta ancora oltre l’asticella, con una scrittura intima e al tempo stesso potente e immediata, sincera come una confessione e tagliente come una lama. Parole scelte con cura e frasi che si ripetono come piccoli mantra convivono con arrangiamenti a volte complessi a volte semplici e spogli e a un cantato che riesce ad essere di volta in volta lieve e leggero, malinconico e sofferto, urgente e arrabbiato.

Il disco è arrangiato e prodotto insieme a Marco Giudici. Per la prima volta Any Other condivide con un altro artista la responsabilità musicale di un album, e lo fa a tutto tondo, guidata dalla volontà di crescere: è interamente registrato e quasi totalmente suonato da loro due in modo intenso, talvolta difficile, ma anche molto naturale e soprattutto necessario.

Assurditè – Dumba

Visionaria, distopica, ironica. Matura. Ed è il primo album. Come già annunciato dai singoli “Bella storia” (in cui si parla dell’ultimo matrimonio sulla Terra), “Centri di anzianità” (diapositiva di un futuro del quale siamo indignati dietro uno schermo e davanti a una birra a salvarci le ossa dall’intervenire) e “Corriamo senza futuro” (caccia al tesoro riservata ai giovani, come premio la realizzazione personale), Assurditè veste i panni di una giornalista del 2124 e ci fa un report delle contraddizioni dell’umanità e del suo destino forse segnato.
Dumba, è un trip che torce cuore e budella: “Donnaccia” riflette sulla condizione femminile e sull’arte, mettendone a confronto l’idealizzazione e la mercificazione. “Spiritosa” reinventa la religione: la Trinità vira al femminile e quindi su Chiara, con l’ironia a salvarla e condannarla, come un vero dio. “New Delhi” ha un refrain ossessivo, come lo è il sogno illusorio occidentale che racconta. Chiude “Voglio”, che con un malinconico mood da piano bar, si rassegna al destino umano, una massa di apatici che si lascia trascinare la società e soffoca la propria “voglia di urlare”. Un lavoro sublime, un viaggio nei nostri abissi e ossessioni da rifare all’infinito.
(Stefano Giannetti)

Bassolino – Città futura

La colonna sonora di un ideale film popolato da gangster, cartomanti e cantanti “di giacca”. Animato da voci di piazze brulicanti di vita e da un suono proiettato verso le stelle ma saldamente ancorato a una terra bruciata dal Sole. Un disco carico di groove dal sound “losco, pulp, grottesco e romantico” che affonda le proprie radici nel passato per disegnare una nuova, visionaria “città futura”.

“Città Futura” è il primo album di Bassolino, nuovo progetto artistico del pianista, compositore e producer napoletano Dario Bassolino, attivo nel panorama nu-jazz (e non solo) nazionale e internazionale ma soprattutto esponente di spicco della nuova e vivacissima scena musicale partenopea.

Prodotto insieme a Paolo Petrella, l’album è arricchito da un gruppo di cantanti e musicisti di tutto rispetto – fra cui Linda Feki (LNDFK) e Andrea De Fazio (Parbleu, Nu Genea) – che dialogano fra loro mantenendo le rispettive identità. “Alla base c’è una forte idea di collettivo: ogni musicista ha il suo spazio espressivo e timbrico, cercando di rompere determinati stereotipi di genere e provando a disinnescare il rischio ‘revival’. La sfida è tutta lì”.

Fra percussioni mantriche e melodie arabe, blues metropolitani e atmosfere cinematografiche, allucinazioni sonore, omaggi neomelodici e discofunk orchestrale si avvicendano le sei tracce che compongono il disco.

Ceneri – Forma Liquida

“Forma Liquida” è il terzo lavoro discografico di ceneri, che ci permette di immergerci dentro il suo mondo pieno di fragilità e di conquiste, di persone che vanno e che restano, di libertà e costrizioni, ma soprattutto di crescita.

Numerose le collaborazioni all’interno dell’album, partendo dagli storici produttori di ceneri, i B-CROMA, fino ad arrivare a Golden Years e chiello, che impreziosiscono rispettivamente “Senza Stelle” e “Ghiaccio”.

Quante volte per paura di rovinare qualcosa cerchiamo di proteggerla da qualsiasi cosa, che sia il freddo, il caldo o il nostro carattere, ma senza il confronto con quello che ci fa soffrire, difficilmente riusciremo a rafforzarci e a crescere, il progetto di ceneri ci sprona a ad avere coraggio, affrontare le nostre paure più grandi e vedere come va, mentre ci lasciamo trasportare dal vento.
“Vorrei che ci fosse un po’ di poesia, tra queste strade di periferia” (“Periferia”) impostiamo il navigatore su “ovunque” e lasciamoci cullare dalla voce di ceneri, prima o poi arriveremo alla nostra destinazione.

(Margherita Ciandrini)

Delicatoni – Delicatronic

“Delicatronic” è il secondo album dei Delicatoni, un’evoluzione verso sonorità elettroniche che spaziano tra club music, PC-music e jazz sperimentale. Abbandonando le orchestrazioni tradizionali, il disco esplora drum machine, sintetizzatori e arrangiamenti sintetici. I temi di mistero, magia e spiritualità si intrecciano con collaborazioni eccellenti, arricchendo il progetto.

Brani come “La Stessa Cosa Insieme” esaltano l’unione tra profondità concettuale e immediatezza sonora. Il risultato è un viaggio musicale intimo, universale e vibrante.
(Andrei Lepadat)

Ele A – Acqua

Impossibile dare un’etichetta a Ele A. Ha un suo stile, nessuno può confonderla con qualcun altro e questo è uno dei suoi grandi must. In “Acqua” porta la sua identità a uno step successivo, dai brani più rap a quelli più melodici come Nodi o Dafalgan, che ha anticipato l’uscita del suo secondo Ep, dopo Globo.

Peculiarità anche di questo “Acqua” è il riferimento al passato e alla sua biografia, la Svizzera, da cui proviene. Perciò “non c’è nessuno che mi tiene, questa volta no no no”. Fantastiche alcune immagini come “ho un buco in petto come i tarallini”. Ele A ha spaccato anche stavolta ed è bellissima anche la collaborazione con Nerissima Serpe.

(Lorenzo Ottanelli)

Emma Nolde – NUOVOSPAZIOTEMPO

NUOVOSPAZIOTEMPO: il titolo è interstellare, ma io parlo di un tempo quotidiano. In questo contrasto, catturo la natura di un momento storico in cui non esistono solo la terra e il cielo, ma anche Google Earth e iCloud. Un contrasto in cui risiede la chiave del nostro essere umani e che ci porta, su un piano più collettivo, a un NUOVOSPAZIOTEMPO.

È il racconto di un quotidiano comune, ma nel quale mi sposto avanti e indietro, nel futuro e nel passato, in ordine sparso: in Sconosciuti mi immagino cosa accadrà tra dieci anni, in Universo parallelo mi immagino di incontrare il mio babbo quando aveva la mia età, in Tuttoscorre chiedo alla persona che amo di resistere alla velocità dei nostri tempi, in Mai fermi parlo a un bambino di quella stessa velocità che un giorno affronterà.

FASK – Hotel Esistenza

“Hotel Esistenza” è il settimo album dei Fast Animals and Slow Kids, un progetto ambizioso che trasforma la musica in uno spazio fisico. Le undici tracce, dalla potente “Una Vita Normale” alla provocatoria “Dimmi Solo Se Verrai all’Inferno”, dipingono stanze e corridoi dove si mescolano storie personali e influenze musicali variegate. Il lavoro di produzione, curato insieme a Giovanni Pallotti, crea un viaggio sonoro tra passato e presente, tra il punk delle origini e ballate più mature. Ogni brano riflette la coerenza della band, che non ha mai tradito il proprio spirito. Un disco personale e universale, destinato a coinvolgere chiunque decida di soggiornare nel loro “hotel”.

Giuse The Lizia – Internet

Giuse The Lizia ci sorprende con un’aria di novità e leggerezza, deliziandoci con il suo nuovo album intitolato Internet, composto da 11 tracce da cantare a squarciagola in qualsiasi momento della giornata. Addentrandosi nell’album, si nota come l’artista affronti numerosi temi, ponendo particolare attenzione al senso di inadeguatezza di fronte all’incertezza su quale strada intraprendere nella vita.

L’album nasce con l’intento di raccontare le sfide e le bellezze dei vent’anni, rappresentando il senso di smarrimento che si prova nel cercare il proprio posto in un mondo tanto complesso quanto fragile. Internet è l’album perfetto per ogni fase della vita: può accompagnare momenti di rottura, riflettendosi nei testi di “SCS” o “Persi da un po’”, ma è anche uno di quei dischi che rendono piacevoli le serate in compagnia di buona musica.
(Andrei Lepadat)

I Hate My Village – Nevermind The Tempo

Nevermind The Tempo è una specie di manualetto per sbagliare. Un disco sgrammaticato che non cerca nessuna grammatica, che non rincorre nessuna architettura musicale ma che tratteggia un mondo che non ha eguali nel panorama musicale del nostro Paese: storto e distorto, visionario e magico, improbabile e allucinato, inconfondibile e travolgente.
Più che un mondo, quello creato dagli I Hate My Village è un vero e proprio universo, pieno di galassie da esplorare: un big bang creativo libero e liberatorio attraversato da meteore sonore imprevedibili, un ipnotico buco nero da cui lasciarsi risucchiare.

Un album che è un elogio dell’approssimazione come risposta all’assillante ricerca di perfezione del nostro tempo. È la fusione brillante, selvatica e sfacciata di quattro artisti diversissimi ma capaci di completarsi alla perfezione, in modo naturale e istintivo, plasmando un mosaico sonoro disallineato ma meticolosamente assemblato, formato da tasselli imprecisi di intuizioni sorprendenti, combinazioni irriverenti e contaminazioni che corrodono ogni regola o equilibrio precostituito.

Nevermind The Tempo racchiude lo spirito e gli intenti che animano la band fin dalla sua nascita, nel 2018: dieci tracce che mostrano come viaggiare attraverso i suoni dell’Africa senza sembrare un turista bianco, come autodistruggersi in modo creativo e come far transitare parole e suoni, senza badare troppo alla narrazione, afferma Adriano Viterbini.

Nevermind The Tempo è molto più di un semplice album: è una presa di posizione nel mondo, una orgogliosa campagna per la salvaguardia della bellezza dell’imperfezione in una società che anela con ipocrisia all’impeccabilità. Nevermind The Tempo è imprevedibile e indeterminabile, scivola tra le dita di un mondo rigido e incasellato per arrivare dritto all’anima, nella libertà creativa più totale e sfrenata.

Lamante – In memoria di

Lamante esordisce con il suo primo album e decide di farlo presentando se stessa e ciò che ha vissuto durante i suoi 25 anni, componendo undici pezzi, ciascuno custode di un frammento della sua vita. È il racconto di una ragazza che se ne è andata presto di casa, che si è così scontrata in tenera età con la realtà delle cose: questo le ha sì permesso di liberarsi dalle regole che le stavano tanto strette e di essere indipendente, ma al caro prezzo di perdersi un po’.

Ecco che l’album sembra proprio un tentativo di ritrovarsi mettendo insieme i pezzi e ricostruendo la sua storia. È una sorta di autobiografia, che non assume solo i caratteri di un diario che da forma alle proprie emozioni e sensazioni, ma rappresenta anche un modo per farsi finalmente portavoce della storia della sua famiglia e delle sue radici, riportandone le memorie.
Non è un resoconto lineare: è fatto di silenzi, non detti. Non è neppure esplicito e trasparente: è tracciato da aforismi e allusioni. Allo stesso tempo però parole forti, difficili da digerire risuonano come un’eco nell’ascolto, scuotendoci nel profondo.

La voce narrante della prima canzone è all’inizio quella di una bambina, la stessa ritratta nella foto della copertina, ovvero Lamante stessa, che esordisce con un “Sono io sai”, affermazione centrale, chiave per aprire la serratura del disco. L’artista si pone un interrogativo: “Come volevi essere”? Cosa penserebbe quella bambina di ciò che è diventata ora? Si riconoscerebbe? O ne sarebbe delusa?

Lamante è sempre scappata da ogni cosa stabile e sa cosa vuol dire “avere le gambe come casa”. I brani sono una testimonianza dei suoi ricordi, dei suoi spostamenti, del suo rapporto con il corpo e con il sesso, del suo andare controcorrente, rifiutando i soliti rituali amorosi. Parlano di addii e partenze, parlano della rabbia nei confronti di alcuni uomini, della paura della fine, che si prova una volta incontrata la persona che per la prima volta ti fa venire voglia di restare. Lamante canta la libertà e l’autodeterminazione attraverso canzoni molto diverse tra loro, difficili da racchiudere in un solo genere. Vi sono varie sfumature, vari colori, varie tonalità musicali, che rappresentano perfettamente una personalità non monolitica, ma fatta di tante sfaccettature, oscillazioni e contraddizioni. C’è rabbia, ma anche tanta dolcezza. È un album che fa stringere il cuore. Va ascoltato in un posto nascosto, lontano da possibili contaminazioni, così che non si possa sgualcire: è come un delicato segreto da custodire.
(Giulia Silvestri)

Lunedi Notte – Lunedi Notte

Questo Ep contiene e rispecchia la personalità di Lunedì Notte, che si presenta nel suo primo progetto da solista in tutte le sue sfumature. L’ascolto ci porta nel cuore della notte, ovvero nel momento in cui accadono le cose più umane. È durante la notte che avvengono le confessioni più profonde, i litigi più sinceri, che si fanno le risate più belle, i pensieri più attorcigliati. È nell’oscurità che ci si spoglia e ci si mostra per come si è.

“Lunedì Notte” è il risultato di molte collaborazioni. Grazie a queste l’Ep risulta una raccolta di storie multiforme, narrata da voci diverse che si intersecano armoniosamente. Angelica innanzitutto contribuisce ne “Il buio”, un dialogo fra due persone sull’orlo della fine che avviene in una notte di pioggia a Milano: i costanti sbalzi d’umore sono difficili da sopportare, ma bisogna stare attenti perché “gli occhi a stare al buio si abituano”. Abbiamo poi “Lucifero” con Mecna, che aggiunge un tocco rap al brano, e “L’amore in dieci” con Cimini, un inno liberatorio, divertente e ironico.

Ci immergiamo in varie situazioni della vita, che vengono rappresentate con immagini e metafore: la “Fuliggine” che piove sulla città ricoprendo ogni cosa, “Aprile” come quel mese che dovrebbe simboleggiare la rinascita dopo l’inverno freddo, ma che non fa altro che illuderci nuovamente, l’autostrada presa che “non ha gli autogrill per pisciare”. L’Ep esplora la complessità dei sentimenti umani, i cui confini sono sempre difficili da stabilire. Parla di ferite e di cicatrici, di legami e relazioni instabili, ricordi grigi e desiderio di cambiare.
Sia dal punto di vista tematico, che da quello strumentale, si gioca sui contrasti. Il buio, i paesaggi notturni e le stagioni invernali si scontrano spesso con l’opposto: un caldo avvolgente, le fiamme dell’inferno. Una vasta gamma di sonorità ci fa oscillare tra diversi stati d’animo: veniamo coinvolti da brani energici dal ritmo incalzante e trascinante, come “L’indolenza e il panico”, e allo stesso tempo accarezzati da brani più dolci e malinconici, come “Medicine”.
(Giulia Silvestri)

Rizzo – Mi hai visto piangere in un club

Il primo EP di RIZZO è composto da 8 tracce, tra singoli già pubblicati e quattro inediti. È stato anticipato dai brani “CASSA FORTE”, in cui la dolcezza della linea vocale della cantante trova un’alchimia unica con il beat potente ed ipnotico di Greg Willen, “Fuoritempo ;(”, pubblicato lo scorso febbraio e prodotto da OkGiorgio, dal sound avvolgente, e “Bonjour Adieu”, in cui RIZZO racconta una relazione finita, che ora lascia spazio solo a rimorsi e speranze, creando un netto contrasto tra il testo e il mood del pezzo.

Tra gli inediti della tracklist: “X1MILLY”, “SCIVOLANDO”, “100 ANNI” feat. gIANMARIA e Mostro, “STO IMPAZZENDO” feat. Atarde e “<MOR3”.

“MI HAI VISTO PIANGERE IN UN CLUB” nasce dall’ispirazione che RIZZO trova nella vita di tutti i giorni e nelle esperienze della sua generazione, offrendo una panoramica emotiva complessa e coinvolgente attraverso diverse tematiche, a partire da quelle più intime e autobiografiche, fino all’amore, raccontato in tutte le sue sfaccettature, e alle emozioni che ne derivano. L’artista presenta così un racconto autentico e profondo della Gen Z, che naviga tra speranze e delusioni, alla ricerca del proprio posto nel mondo e sempre in costante evoluzione. Ogni traccia dell’EP è un vero e proprio viaggio, caratterizzata da sonorità diverse che RIZZO ha cercato di unire in maniera coerente, spaziando dal pop all’urban, con influenze hard techno, ma anche afro, dando al contempo grande importanza alla parte melodica attraverso l’uso del pianoforte e degli strumenti acustici. “MI HAI VISTO PIANGERE IN UN CLUB” rispecchia in maniera intensa le gioie, le insicurezze, le sofferenze e le contraddizioni che ciascuno vive, facendo emergere Rizzo come una voce potente e rappresentativa della sua generazione.

Tashi – Per un soffio

Per un soffio” è il primo EP di Tashi: tra i cantautori più interessanti della scena emergente dell’Indie Italiano.
Per un soffio parla dellepiù grandi paure e delle più belle speranze di un giovane adulto di oggi, o forse di qualsiasi epoca. Delle guerre nel mondo, delle proprie personali e di come però sia tutto nelle nostre mani, e negli occhi degli altri. Le conseguenze inesorabili dell’empatia e di una spiccata emotività.
Un inno alla pace e alle paure, una malinconica traversata in mare dove solo insieme si troverà la giusta rotta verso la speranza.

Voina – KINTSUGI

Il nuovo disco dei Voina è un inno alla disfatta e all’infinita voglia di continuare ostinatamente a risorgere. Un inno alle sfide quotidiane, un inno ai Voina che da più di dieci anni si infrangono contro questo strano mondo e ogni volta rimettono insieme i pezzi sapendo che alla fine sono proprio le crepe a far entrare la luce.

KINTSUGI è il quarto disco in studio dei VOINA e, come ogni loro disco, rischia inesorabilmente di essere l’ultimo. Ancora una volta la band raccoglie i cocci della propria esistenza e riassembla tutto glorificandone le disfatte, da qui la metafora della pratica giapponese kintsugi, e lasciando ammirare i segni del tempo e della maturità raggiunta sui propri inciampi, errori e dolori.

Yasmina –  Tony

“Tony” è il nuovo album di Yasmina. Un album per consolidare la firma sonora di Yasmina, una miscela avvolgente di trip hop e vibrazioni elettroniche di stampo britannico arricchite da incursioni di rock alternativo con sfumature grunge.

I brani del nuovo album “Tony”, con i loro beat ipnotici e arrangiamenti stratificati, intrecciano tonalità oniriche e spigolosità emotive. L’artista romana intraprende un viaggio tra intimità e introspezione, affrontando temi che vanno dal ricordo al disincanto, fino alla resilienza. Yasmina esplora la fragilità delle connessioni umane, alternando dolcezza nostalgica a immagini crude di alienazione e rimpianto. La scrittura, spesso evocativa e criptica, si fonde con sonorità che richiamano atmosfere malinconiche e oniriche, tratteggiando un mondo sonoro coerente con il suo stile.