Nuovi luoghi musicali per gli Autostoppisti del magico sentiero | Intervista
Il viaggio musicale del gruppo “Autostoppisti del magico sentiero” è il magma sonoro di un presente in ebollizione, superata la temperatura d’allerta la nostra società sta evaporando. In questo lavoro tutto è in evidenza, ogni cosa è al suo posto. Fuori dal banale, lontano dall’omologazione. Resistere è ancora di più suonare e cantare, trovare il battito cardiaco. I testi mescolano poesia e giornalismo, sono la narrazione di un presente lacerato, disperato nella sua finta sicurezza sociale e nella affermata singola ambizione personal Gridano queste composizioni. In una meditazione sempre più profonda, tensione sempre pronta ad esplodere. Ma anche in una presa di coscienza non allineata, dove ci sono filastrocche per adulti e canzoni per il sacro ancora da venire, ritornelli per il giorno dopo e suoni che disertano.È il centro perfetto, il luogo possibile dove trovare il primitivo infinito della buona musica e tanta anima.
Un trip ontologico che combatte la speranza di libertà con la umile condizione dell’essere umano. Una rivoluzione artistica che nasce da questo ensemble teatral/musicale friulano che senza paura affronta a colpi di drum machine e sordine bucoliche un presente che si dimostra sempre più schiavo della comunicazione fine a se stessa.
INTERVISTANDO GLI AUTOSTOPPISTI DEL MAGICO SENTIERO
Quale strada stanno percorrendo gli Autostoppisti del magico sentiero?
Gli Autostoppisti del magico sentiero percorrono un cammino che trova nell’introversione contemplativa e nello studio dell’antico le basi per avanzare in un mondo che ha accettato oramai passivamente il postmoderno come unica fonte possibile a cui abbeverare la propria creatività. In un mondo che viene descritto a volte come il migliore dei mondi possibili, bisogna trovare luoghi immaginari non percepiti come possibili approdi del mercato dell’arte, luoghi in cui rifugiare la propria essenza per potersi rigenerare attraverso la creazione di opere che non risentano continuamente del bisogno di un approvazione per potere essere.
Potremmo definire anarchico il vostro progetto?
Certamente, il nostro è un progetto che risente di influenze talmente anarchiche da sembrare quasi una lasagna dadaista postborghese. Da risultare indigesto forse anche al concetto classico ed accettato di anarchia, nato per stimolare l’essenza dell’individuo al cospetto di ideali adatti alle masse in cui l’egualitarismo a volte non fa altro che addormentare le coscienze, diciamo che la giustizia sociale va’ conquistata anche attraverso un uso irresponsabile della musica e della poesia in genere, nessun diritto regalato può essere davvero ritenuto un diritto acquisito e l’arte in questo dovrebbe fare scuola.
L’arte sta perdendo la forza dell’ideologia?
Al contrario, noi crediamo che l’arte sia impregnata ideologicamente di buonismo a buon mercato, tutto questo ha fatto si che ci sia un’appiattimento generalizzato in cui qualsiasi proclama viene pensato almeno quindici volte prima di essere lanciato nella mischia. Obiettivamente come nel caso della trap la spettacolarizzazione della violenza e della volgarità pare essere l’unica forma di comunicazione non ideologica anche se fortemente limitata nei contenuti e nelle forme.
Ogni lotta vive di speranza?
Cito il maestro Mario Monicelli per rispondere a questa domanda: La speranza è un concetto fasullo inventato dal Potere per annichilire il desiderio di ribellione del singolo individuo. La speranza pospone nel tempo il tuo giusto riscatto e lo fa per sempre. E tu lì ,fermo a subire, concentrato sulla droga psicologica della speranza che ti tiene calmo e tranquillo.
Perché le persone sono sempre più stressate?
Il pianeta vive di ere geologiche che si susseguono l’un l’altra, in questa sorta di Antropocene metrico decimale viviamo ammassati in megalopoli in cui i cosiddetti livelli di benessere vengono dettati dalla nostra capacità di stare al passo con i tempi.
Pare ovvio che nessuno può reggere i ritmi imposti da questa modernità corrotta e sfrenata, in cui i valori morali ormai da tempo hanno lasciato campo aperto ai ben più proficui valori del libero mercato.
Lo stress in tutto questo appare come l’unica ed inevitabile conseguenza. L’era geologica in cui perfino il Dalai Lama e il Papa vivono di selfie lascerà paleontologi di un lontano futuro solamente degli intangibili fossili di fibra ottica.
Spesso la provincia può diventare un luogo di rivoluzione e innovazione?
La provincia è diventata il posto in cui trovare gli stessi problemi che avresti vivendo nelle periferie di New York o di Pechino.
La provincia vive di emulazione rispetto a quelli che sono i posti dove la vita corre a mille e la gente si impegna clamorosamente a colmare il gap che li separa dalle realtà urbane più avanzate e cosmopolite. Una sorta di complesso di inferiorità che porta a perdere il reale contatto con la natura che alla fine è la vera chiave per leggere la provincia più autentica.
In un mondo che ha perso la manualità e il sapere antico di costruire e riparare si può oramai leggere la provincia come una sorta di luna park alienato in attesa di essere anche esso inglobato nel grande fast food globale.
Tecnologia e libertà sono due temi che hanno più legami di quanto si immagina?
La tecnologia ci ha generosamente donato la possibilità di comunicare da un capo all’altro del pianeta, ci ha reinsegnato quali sono le cose giuste da fare e ci ha insegnato a farle senza in effetti farle per davvero. La libertà semmai esistesse la libertà è pura demagogia
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