
New Indie Italia Music Week #234
“Viva l’Italia, l’Italia tutta intera.
Viva l’Italia, l’Italia che lavora,
l’Italia che si dispera, l’Italia che si innamora, l’Italia metà dovere e metà fortuna,
l’Italia con le bandiere, l’Italia nuda come sempre,
l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l’Italia, l’Italia che resiste”
(Francesco De Gregori – Viva l’Italia)
Noi che resistiamo, in questo museo a cielo aperto senza custodi, dai visitatori spesso troppo distratti e dai paesaggi anestetizzanti che sembrano sussurrarti “fa niente, è il posto in cui devi stare. Dove altro vorresti andare?”.
Viviamo nel miglior posto del mondo? Chissà, probabilmente è quello in cui veri cantautori e le vere cantautrici scrivono meglio.
E a noi potrebbe bastare questo…
Scopri i migliori brani e album della settimana, scelti e recensiti dalla redazione di Indie Italia Magazine!
Ananke (Album)
Con “Ananke”, il suo quinto lavoro, l’artista siciliano pone al centro il Mito, dando voce a un’esigenza profonda: entrare in contatto con dimensioni che, pur estranee al nostro tempo, lo attraversano e ne rivelano le crepe.
Da qui il titolo, Ananke: figura della mitologia greca, dea del Destino e della Necessità, rappresenta la forza che sovrasta la volontà. È il limite e la legge, ma anche il tentativo di sfidarla — l’illusione del controllo che si frantuma di fronte a un ordine più grande, immodificabile, cui gli eroi si oppongono invano.
L’album si compone di otto tracce, che partono dal cantautorato per evolversi in una dimensione strumentale, aprendosi a scenari onirici e perturbanti. I riferimenti si dissolvono in un surrealismo distopico, proiettando l’ascoltatore in un futuro dove le emozioni, ormai frammentate, si trasformano in sfumature sonore evanescenti.
Chi ascolta si confronta con i propri archetipi interiori, si lascia avvolgere dalla narrazione e, infine, la trascende.
Musicalmente, Ananke è un album che abita la notte, la stessa dimensione in cui è nato: un tempo sospeso, che conserva il seme del giorno a venire. I suoni emergono in modo fluido e indefinito, come i sogni, senza essere confinati in strutture prestabilite. Sintetizzatori, chitarre fuzz e campionamenti da vinile danno voce concreta alle suggestioni nate dai racconti.
Nicolò Carnesi: 8
Backpackers (ALBUM)
“Backpackers” è un disco che profuma di strada, tenda, zaini e sogni scritti su tovaglioli stropicciati. L’album di debutto dei Barkee Bay è un’esplosione di sincerità e vita vissuta. I brani mescolano surf rock, elettronica, punk e suggestioni hip hop, mantenendo sempre un cuore lo-fi e un’attitudine DIY che diventa anche la cifra stilistica della band. Ma è sul piano emotivo che il disco tocca davvero: ogni traccia è un frammento vivido, come Polaroid appese in una stanza che sa di ritorni a casa e partenze improvvise. Perché “Backpackers” funziona? Non vuole essere perfetto, ecco perché, perché è malinconico e adrenalinico insieme, perché ti fa venire voglia di mollare tutto e ripartire.
(Ilaria Rapa)
Barkee Bay:8
Fuori menù (Album)
C’è un gusto per l’imprevisto, per il dettaglio fuori posto che poi si rivela centrale, nel nuovo album di Golden Years. “Fuori menù” è un disco che si muove in bilico tra immaginazione e concretezza, un viaggio che procede per deviazioni, ma non perde mai la direzione. Ogni traccia sembra aprire uno scenario diverso, eppure tutto rimane perfettamente dentro il perimetro di un’identità sonora riconoscibile. Il titolo del disco diventa così una dichiarazione d’intenti: niente di preconfezionato, niente portate standard. Qui si gioca con i sapori, con gli accostamenti più azzardati, ma sempre con una cura che tiene tutto insieme.
La sensazione è quella di essere dentro un film che cambia genere scena dopo scena. C’è spazio per la malinconia, ma anche per lo slancio, per il romanticismo, la fragilità senza vergogna. Uno spaccato di vita, una diapositiva ricca di colori e volti, un sound vintage eppure estremamente fresco.
La produzione è curata minuziosamente, non si limita a fare da sfondo ma diventa parte integrante di ogni brano: ogni suono ha un peso, ogni silenzio ha un senso. Le voci ospiti arrivano senza invadere, si incastrano con naturalezza e contribuiscono a rendere questo disco una mappa condivisa, in cui si ritrovano visioni diverse, eppure mai dissonanti.
“Fuori menù” affascina proprio perché sfugge alla tentazione di compiacere. È un album che si prende il rischio di mescolare piani emotivi e sonori, di lasciare domande sospese. Nel farlo, dimostra che l’inaspettato può essere una direzione definita, se non si ha paura di perdersi un po’ per strada.
(Serena Gerli)
Golden Years:8
Signorina, buonasera
“Signorina, buonasera” è un brano che gioca con l’essenzialità senza mai diventare banale. La magia di un primo incontro, un albergo al mare sospeso nel tempo e nello spazio, due anime, l’unione di due cuori e due voci.
Colombre e Maria Antonietta ci accompagnano nella delicatezza della nascita di un amore. Tre accordi, una melodia che si muove con leggerezza, un testo che brilla per ironia e spontaneità. C’è la leggerezza dell’entusiasmo, ma anche una profondità sottile, che si lascia scoprire con il tempo. “Ci piacciono le onde, non ci piace la corrente” diventa un piccolo manifesto, una presa di posizione esistenziale che racconta due sensibilità affini, unite da una comune tensione verso la libertà.
Il tono è intimo eppure disinvolto, come se i due artisti stessero parlando da quel tavolo in riva al mare, tra un bicchiere di vino e una risata. La complicità si sente, si respira, e si traduce in una scrittura condivisa che non cerca di impressionare, ma di farsi ascoltare con sincerità.
“Signorina, buonasera” è il primo passo di un percorso che promette di essere tanto personale quanto universale. Un esperimento che esce dalle zone di comfort, scegliendo la via più difficile – quella dell’intimità – e trasformandola in una forma di resistenza gentile.
(Serena Gerli)
Colombre ft Maria Antonietta:8
Fanta Sbocco (Album)
C’è qualcosa di disturbante e profondamente autentico in “Fanta Sbocco”, il nuovo album dei Laguna Bollente. Un disco che non cerca compromessi né vuole piacere a tutti: si impone piuttosto come atto di resistenza emotiva e politica, figlio di un tempo che anestetizza e dissocia, mentre promette benessere e connessione. Un’opera che urla, ma con consapevolezza, e che cerca una via di fuga collettiva, anche solo immaginata.
Il titolo gioca con l’infanzia, quel Fantabosco televisivo fatto di colori e ingenuità, per ribaltarne il senso, trasformandolo in “Fanta Sbocco”: rigetto, ironia amara, presa di coscienza. Nei testi aleggia la sensazione di un mondo in rovina, sorretto da estetiche vuote e approvazioni quantificate. Ma invece di cedere al nichilismo, l’album trasforma lo sconforto in materia espressiva. La voce, trattata come strumento, si alterna a momenti corali che invocano un orizzonte condiviso, un noi possibile, pur nella frammentazione.
Il disco è diviso in due parti, lato A e lato B (ultimo uscito), come a scandire le fasi di un percorso che è insieme personale e generazionale. C’è rabbia, disillusione, sarcasmo, ma anche uno sguardo affilato che sa essere politico senza diventare manifesto. “Fanta Sbocco” non cerca redenzione, ma riconosce la necessità di nominare il disastro. Per esorcizzare forse. O solo per non farsene travolgere in silenzio.
(Serena Gerli)
Laguna Bollente:8
Piselli
Un gioiellino pop, una canzone ironica che si diverte rievocando i ricordi. Matteo Alieno torna con un brano disarmante nella sua semplicità, un’ode all’amicizia sincera, quella che non chiede nulla in cambio e che non ha bisogno di giustificazioni. Il pianoforte guida la narrazione come una filastrocca malinconica, tra suggestioni che oscillano tra i Beatles e i colori vintage di “Banana Republic”. Il brano fotografa immagini nitide, scene di cortile, palloni che finiscono tra le ortiche, dettagli apparentemente banali ma che a loro modo fanno parte di un universo, quello dei ricordi.
(Ilaria Rapa)
Matteo Alieno:8
Dinero re
“Trop contact less, less contact true”. Ipnotizzante per rendere l’idea di quanto i soldi ci incantano. “Stiamo in giro in mezzo ai giri” e perdiamo le connessioni umane, in favore di quelle degli innumerevoli metodi odierni di pagamento. App e portali talmente smart da risultare attraente l’atto di impoverirsi. E l’aria glamour di questo nu-dance del duo italo-francese École, formato da Prisca e Benedetta, sembra perfettamente in linea col concetto. Pagare è figo, e il fatto che ci sia dietro una corsa forsennata, ciclica ed eterna per poterselo permettere, tende a venir fatto passare per un mero dettaglio.
Martellante ed esplicita quanto basta, con un provocatorio e sensuale bridge in francese a dirci che ci siamo irrimediabilmente venduti al circuito e non c’è tempo per recuperarci (“ralentir n’est pas une option”). Siamo prigionieri coscienti della rete del Dinero. Ma chi e è a capo, lo domina veramente? O ne è solo uno schiavo seduto un po’ più comodo di noi?
Un lavoro fresco, innovativo, affascinante e letale.
(Stefano Giannetti)
École: 8,5
C’est fantastique
Tra canzone italiana pop old-fashioned e nuova elettronica. Tra pop, punk e dance. Mille è suadente e ironica. Il refrain è martellante, rimane in testa e riassume il concetto di quest’inno gioioso, carnale, provocatorio e sexy. Puramente umano. Una dichiarazione della voglia insaziabile che abbiamo di buone sensazioni, di emozioni intense, di botte da farci salire.
Liberatoria, scagionante verso la nostra stanchezza. Impietosa verso vecchie ipocrisie e pensiero di costume, cui fa sagacemente il verso. Intelligente e catchy.
(Stefano Giannetti)
Mille: 8
Oracolo (Album)
Oracolo si muove tra la dimensione intima e quella collettiva, alternando momenti di riflessione e slanci di libertà, con sonorità che spaziano dal rock anni ‘70 alla dance, dal cantautorato a transizioni più elettroniche. Ogni traccia è un tassello di un ampio mosaico emotivo, un racconto di desideri, paure e illusioni adagiato su temi musicali sfaccettati.
Oracolo è un autoritratto sincero e disincantato che esplora le relazioni, l’autenticità e la complessità dell’essere umano. Attraverso
immagini evocative quali sfere di cristallo, tarocchi, foglie di tè e altre fughe surreali, l’album diventa un antidoto alla frustrazione di un mondo privo di certezze, dove l’identità si costruisce tra fragilità e consapevolezza.
Florilegio compie un viaggio di andata e ritorno nella sua anima, sollecitando aree nascoste del suo io e confezionando un album che sancisce un netto passo avanti a livello di maturità.
Fiorilegio: 8
Fumantina
“Mi contraddico per errore”.
Si può essere liberatori stando nella propria gabbia? Laila c’è riuscita.
Un brano necessario per lei e per tutti quelli che si sentono costretti perché si sono costretti a fare ed essere in un certo modo. “Io sto bene, ma che vuol dire non lo so più”. Un brano trascinante, tra il pop e l’r’n’b. Un elenco di piccole guerre quotidiane da parte di un’artista che dell’autoironia ha fatto una delle armi del proprio talento, esorcizzando dilemmi più grandi e subdoli. Legati all’approccio alla vita e alla carriera.
Un’elegia della noia con le giuste distanze dalla malinconia. Coadiuvata da un ritornello di facile presa e consolatorio, non ultimo un raffinato elenco di comportamenti salvifici.
(Stefano Giannetti)
Laila Al Habash: 8,5
NEXT
Willie Peyote torna a colpire con “Next”, un brano che con ironia tagliente e groove irresistibile, fotografa l’attuale mondo degli appuntamenti digitali.
Attraverso un ritmo funky l’artista descrive gli appuntamenti moderni come veri e propri colloqui di lavoro, dove ogni interazione è giudicata e valutata. “A volte mi sembra un colloquio di lavoro e tu sei l’azienda.”
Persino l’amore che dovrebbe portare gioia si trasforma in una fonte di ansia e di stress, in cui spesso prevale la frustrazione per le aspettative.
Anche se il mondo è pieno di persone, l’incontro autentico è sempre più raro. “Next” diventa la parola chiave della nostra epoca, in cui le persone e le occasioni sono facilmente sostituibili.
(Benedetta Rubini)
Willie Peyote: 9
Amore Cromato
Il duo vicentino Preghiera esordisce con “Amore Cromato”, che fonde sonorità elettroniche e rock in un mix definito fuzz disco.
Si presenta come un brano synth pop che mescola nostalgia e freschezza, per riflettere il desiderio di evadere dalla monotonia quotidiana, cercando rifugio in un amore idealizzato e ipnotico.
“Non se ne può più del telegiornale e della tv…/ sei l’unica, portami via da qui.” A volte la gioia di un vero amore può farci distrarre e scordare della nostra vita quotidiana, che dopo un po’ può generare frustrazione.
Con questo brano il duo si mostra capace di fondere elementi vintage con sonorità moderne e di parlare ad un pubblico vasto.
(Benedetta Rubini)
Preghiera: 7,5
Ragazzi della Pioggia
Una nuova canzone d’autore che mescola introspezione, paesaggi emotivi e tensione narrativa. È dedicata a tutti quei giovani cresciuti nella provincia italiana, dove spesso i sogni evaporano tra i fumi del bar dell’angolo e le domeniche tutte uguali.
Alek canta il paradosso di chi vuole partire ma ha paura di farlo davvero, di chi vorrebbe trovarsi altrove ma finisce sempre per tornare.
La pioggia diventa qui una metafora perfetta: la condizione che bagna tutto, ma non lava via niente. Una pioggia che non è solo meteorologica, ma culturale e sociale.
Con accordi morbidi e sintetizzatori leggeri Alek invita i giovani ad andare via, non per fuggire, ma per tornare cambiati.
(Benedetta Rubini)
Alek: 8
Sottocosto
Se l’estate non fosse fatta di tormentoni senz’anima questa piccola chicca si troverebbe già in prima posizione tra gli ascolti. Giugno, il caldo che comincia ad essere asfissiante, i jeans che si appiccicano sulla sedia, il ghiaccio che non si ghiaccia e una grande voglia di andarsene.
La stagione più calda di tutte è anche la più fredda per i deboli di cuore. Tra la paura di non sapere che fare e quella di vedere tutti che fanno cose, noi galleggiamo sul divano con l’aria del condizionatore sparata in faccia. Ci vorrebbe la forza di prendere e partire, riempire le valigie e scappare dall’incadescente asfalto delle città che ci cullano per tutto l’inverno.
Voce e produzione che si incastrano in maniera inconfondibile, un incontro che suona essere quello giusto. Fulminacci ci porta dentro il suo mondo con quella voce classica, quella che riconosciamo subito; Golden Years gli cuce addosso una produzione che sembra essere fatta apposta per lui.
Sottocosto è emblema di tutto questo: tra le mille cose che ci eravamo promessi, lì in fondo alla lista c’era anche quella scritta un po’ storta con una penna quasi finita: “quest’anno si parte da soli”. Ecco, forse è arrivato il momento di depennarla. Almeno per quest’estate.
(Viola Santoro)
Fulminacci: 8,5
cinquesette
Amalfitano torna, e lo fa alla grande. Il lasso temporale che va dalle 17 alle 19 è un momento particolare. Quell’ora strana in cui il giorno comincia a spegnersi, l’aria si fa pesante, la polvere comincia a farsi notare e si tirano le somme. È il tempo delle chiusure, dei bilanci, di quando il “devo” comincia a trasformarsi in un “ma sai che quasi…?”.
Arriva così un bicchiere di vino, semmai quello della cena scorsa che abbiamo chiuso saggiamente con il tappo si sughero che piano piano si sta sgretolando. All’improvviso il nostro “ma sai che quasi…?” si trasforma in un “forse avrei potuto dire questo” o ancora “potevo agire in modo diverso” fino ad arrivare alla drastica domanda del tipo “mi starà ancora pensando?”.
Sono le 19 e dentro questa canzone ci sono tutti i contrasti: ansia e pace, rumore e silenzio, caos e tregua.Amalfitano riesce a metterli in musica con una voce unica e graffiata dal tempo che passa. Un pop che sa di blues e che si lascia attraversare da quella frenesia che ci mastica e ci sputa fuori.
Chapeau!
(Viola Santoro)
Amalfitano: 8
sempre tardi
Un mix di elettronica, nu-funk e sfumature R&B che si traduce in chitarre leggere e synth brillanti, a fare da contrappunto ad un testo che va dritto dentro: parliamo di quel bisogno di rallentare, di spegnere il rumore di sottofondo e ritagliarsi un angolo di pace.
I greatwaterpressure, collettivo milanese guidato dai producer e polistrumentisti E. Grimaldi e G. Prada, non si incasellano in un genere preciso, ma prendono spunto dal groove elegante della disco/funk anni ’70-’80 — gente come Quincy Jones, George Benson, Dexter Wansel — e lo portano nel presente con una veste elettronica e vibrazioni R&B.
Con immagini semplici e un linguaggio che segna dritto al petto, “sempre tardi” è una dedica al tempo che se ne va senza neanche salutare. Che maleducato….
(Viola Santoro)
Greatwaterpressure: 7,5
TRAUMI
Questa è una storia interessante. Kormorano si mette a nudo, cantando nel suo dialetto terracinese, lingua con cui riesce a dire le cose come davvero le sente. Il sound è una miscela difficile da etichettare: cantautorato che incontra il dub, l’elettronica e le radici di Africa e Sud America, in un equilibrio che non sembra mai forzato.
Tra il 2024 e il 2025 si è preso un tempo tutto suo. Sceglie Ventotene, un’isola e una parentesi, ispirato dal libro “Bestie in fuga” di Daniel Kong. erano lui e la sua chitarra, un microfono, un computer, il silenzio, i ricordi, la scrittura e la fame di nuovo,
Il primo frutto di questo isolamento creativo è “TRAUMI”, un brano sospeso tra folk ed indie pop con un cuore cantautorale. Ferite che pesano, amori che non vogliono essere dimenticati.
Un inizio inteso, che promette un disco capace di parlare davvero.
(Viola Santoro)
Kormorano: 7,5
UYE
È difficile farsi piccolo e provare a nascondersi quando il mondo ti guarda, giudica e pretende risposte. UYE è un soffio di malinconia che esce dall’apatia di Aollo Quatro, che si trova incastrato in un momento dove tutto sembra essere grigio e soprattutto statico.
Una zona di assoluta tranquillità dove il presente sembra annullare contemporaneamente passato e futuro, come nebbia che blocca la strada e costringe chi è in marcia a fermarsi. Per quanto tempo? Non si sa, e allora questo brano diventa simbolo di un eterna attesa dentro la quale non si sa come diventare protagonista.
(Nicolò Granone)
Apollo Quattro: 7
io per lei
Io per lei morirei, morirei anche per lei. Un ritornello che nasce e rimbomba fin dal primo ascolto.
I surf cassette ci fanno ballare con movenze rockabilly che profumano d’estate e birre, ma forse questa dedica non è per la semplice avventura vista mare, bensì più profonda. Una canzone dedicata all’amore e a tutte quelle situazioni che ci danno la sensazione d’essere vivi, anche se poi possono portare a risvolti dentro il quale la ragione pretende verità e giustizia.
(Nicolò Granone)
Surf cassette: 7,5
Gesù non c’entra
Se una relazione finisce si cerca sempre di capire chi è il colpevole principale e quali sono le colpe dell’altra persona. Al momento che i ragionamenti si fanno confondere dalla rabbia si perde il senso della ragione e diventa inevitabilmente prendersela con il mondo. Gli Elettrica con ironia ci tengono a mettere le mani avanti, dire che “Gesù non c’entra”, ma che le coppie hanno i loro problemi, a prescindere dal destino o da leggi emotivo sentimentali.
E chiederci perché, dimmi com’è, e stanotte penso a te.
Più si rompe un rapporto più diventa difficile rimettere apposto i cocci, anzi è inevitabile lasciarsi prendere dalla frenesia dell’istante e lasciarsi andare in direzione ostinata e contraria.
(Nicolò Granone)
Elettrica: 8-
mmh mmh
Ci sono situazioni in cui il non detto vuole dire in realtà molte cose. Le parole possono creare dei mondi immaginari, troppe spiegazioni però rischiano di mettere dei confini, lasciando più spazio alla realtà piuttosto che alla magia.
In questi momenti di lucida follia, persino le farfalle nello stomaco possono trovare conforto dentro le insicurezze, che danno l’impressione di rendere più consapevole il cervello e il cuore troppo pesante e così, la paura s’insinua con pensieri che possono spaventare, come se all’improvviso si spegnesse la luce e il buio diventerà più buio.
(Nicolò Granone)
Prim: 7,5
TRASPARENTE
Il duo veneziano pubblica una gemma della laguna; dopo i singoli PRETE e VESPE, con l’uscita dell’EP TRASPARENTE, si aggiungono
DENTI e VENEZIA MESTRE, a chiusura di un ciclo che divide il vecchio dal nuovo. Con questo EP dal sound energico e nostalgico, i
RIVERA ci portano in un tunnel di chitarre psichedeliche e batterie serrate, a contrasto con uno storytelling romantico, elegiaco e riflessivo.
Il file rouge del progetto è contrassegnato da un desiderio di sentirsi liberi di essere vulnerabili e dalla riflessiva calma della provincia
italiana, che ti culla, ma ti intrappola, in un gioco subdolo tra comfort e quieta condanna.
“Tutto questo niente dopo un po’ riempie” è il verso emblematico a descrizione del concetto sopra esposto. La calma di una vita lenta, una
concezione differente del tempo che scorre, che per certi versi insegui come cura dalla frenesia cittadina, ma che ti intrappola.
Nell’ode all’amore non corrisposto, tra distese di prati e regionali lenti, i RIVERA non temono il fatto di vestire gli abiti di uomini fragili,
innamorati e ingarbugliati in relazioni sofferenti.
RIVERA: 7,5
Tergicristalli
Ci sono persone in grado di essere antistaminico e allo stesso tempo allergia per l’anima. Anime ammaliatrici che vengono e vanno via, senza concederci il lusso di un’emozione stabile e duratura.
Non è forse questo il bello dell’amore? “Tergicristalli”, il nuovo brano della cantautrice Selli, parla proprio di questa condizione: relazioni che vanno su e giù come altalene… anche questo è equilibrio.