ERIKA LEI

Erika Lei | Intervista Indie Italia Mag

Da Licata, paese della Sicilia in provincia di Agrigento, al Brasile. Cantautrice e interprete, classe 1992, Erika, in arte Erika Lei, inizia a calcare i palchi della sua città dal 2009.

Si trasferisce poi all’estero per 3 anni, esibendosi in Brasile, Inghilterra e Bulgaria, dove arricchisce enormemente il suo bagaglio di contaminazioni musicali. Ammaliata dal pop internazionale, ispirata dalle grandi artiste della musica, da Amy Winehouse a Dua Lipa, dopo l’esordio con il brano “I’m Here” e il suo secondo singolo “Symphony”, pubblica per l’etichetta LaPop il suo primo brano in italiano, dal titolo “San Junipero”.

Erika Lei negli anni si è esibita per festival importanti, dal Tour Music Fest al Sanremo Rock, fino ad ottenere un secondo posto al Band Music Festival. Nell’estate 2018 ha partecipato, con “I’m Here”, al Deejay On Stage, esibendosi a Riccione sullo stesso palco di artisti internazionali come Mihail e Alvaro Soler.

Durante il “Festivalino di Anatomia Femminile” svoltosi lo scorso febbraio e organizzato dal critico e giornalista musicale Michele Monina ha avuto l’occasione di presentare in anteprime “San Junipero” che adesso possiamo ascoltare su tutte le piattaforme digitali.

INTERVISTANDO ERIKA LEI

Ciao Erika. Come hai scelto il tuo nome d’arte, Erika Lei?

Ciao ragazzi. Grazie per avermelo chiesto, perché nonostante abbia accompagnato il cambio nome da un post più o meno esplicativo in realtà rimangono in tanti a non sapere l’origine di questa scelta specifica.

Partiamo dal presupposto che mi servisse un nome che non disperdesse la ricerca generica del mio ad altre ‘’Erike’’. Bisognava trovare qualcosa in italiano, immediato e semplice da memorizzare, oltre che ovviamente qualcosa che mi rappresentasse.

Ho impiegato settimane a pensarci, non capendo che la soluzione era proprio davanti ai miei occhi, nello specifico sul mio corpo: nel 2012 infatti mi tatuai ‘’Lei’’ sulla spalla, a promemoria per me stessa che esistevano due versioni di me, che negli anni si sono moltiplicate ancora.

Sono Erika nella versione intima e fragile che pochi, veramente pochi, conoscono davvero, e sono Lei quando mi mostro agli altri, quando metto su una maschera a proteggermi persino da me stessa. Il binomio è ovviamente indissolubile e a volte persino io faccio fatica a ricordare dove inizia una e finisce l’altra. Da lì il tatuaggio che potessi vedere ogni volta che volevo, abbassando lo sguardo, come un post-it che andava a segnare i limiti di entrambe e ci rimettesse al nostro posto.

La scelta è stata quindi facile ma non immediata: ‘Erika Lei’, perché nella mia musica metto davvero ogni frammento di me stessa e non poteva quindi mancare la mia firma completa.

Hai cominciato a esibirti da giovanissima e dalla Sicilia ti sei trasferita all’estero per 3 anni. Quanto sono stati importanti per la tua crescita musicale questi anni all’estero?

Devo dire che sono stati fondamentali. Nonostante fossero dei viaggi che non nascevano assolutamente da impegni musicali ho preso da ciascuna esperienza quanto più possibile. Il fatto che fossi anche molto giovane ha contribuito ad ‘aprirmi la mente’ quanto bastava per poter tornare a casa senza mai restarci veramente. Uscendo dall’Italia in quello specifico periodo ho capito cosa volesse dire far musica, ho appreso l’arte del sacrificio e della rinuncia, e ho imparato che alla lunga il lavoro paga sempre.

ERIKA LEI

Che cosa, musicalmente parlando, riporti a casa da Brasile, Inghilterra e Bulgaria?

Ogni posto mi ha segnata in maniera unica e diversa. Londra mi ha insegnato che fare musica è e deve essere considerato un lavoro a tutti gli effetti. Andai via dall’Italia mentre tutti mi dicevano che avevo un bel talento accompagnato da un grande sogno ma che avrei dovuto studiare ‘’le materie serie’’ per crearmi un avvenire e la musica poteva rimanere un hobby sottopagato per il resto della mia vita.

Mi ribellai a queste affermazioni ma fu a Londra che per la prima volta mi resi conto che potevano avere davvero torto e che in un modo o nell’altro ce l’avrei fatta.In Brasile ho capito che la passione, la visceralità e la capacità di trasmettere qualcosa sono qualità che vanno oltre al saper scrivere belle parole.

La Bulgaria infine (e non a caso ma in ordine cronologico) mi ha insegnato a cercare le origini di ogni cosa. Ai tempi in realtà non assimilai questo insegnamento in termini musicali, ma solo personali e fu così che ritrovai me stessa in un periodo particolare. Il meccanismo è rimasto pressoché invariato, quando compongo un brano o creo il setup di un live… se c’è un blocco basta partire dal principio, se ha ‘’sistemato’’ me non potrà non funzionare.

Oltre alle già citate Amy Winehouse e Dua Lipa, quali sono le artiste che apprezzi maggiormente?

Senza esitazione Beyonce e Lady Gaga che sono le regine assolute di quello che è il mio mondo musicale. Inoltre mi piace la ‘’prima’’ Rihanna ma anche Tash Sultana, Lana Del Rey e AnneMarie.

Nel panorama italiano, c’è qualche artista femminile (e non) che è per te fonte d’ispirazione?

Quando l’ho detto per la prima volta ad alta voce stentavo a crederci perché sono prevenuta (a pelle in realtà, perché non saprei spiegare l’esatto motivo) nei confronti degli artisti che escono da Amici, ma la voce, i testi, l’eleganza e la precisione di Annalisa fanno si che sia suo il nome che mi viene di getto. L’ho scoperta a Sanremo qualche anno fa e me ne sono perdutamente innamorata.

E’ una fuoriclasse per la sua età, sempre in costante ma naturale evoluzione. D’altra parte però anche tanti uomini: Cosmo su tutti, e non non c’è nemmeno bisogno che lo motivi. Leo Pari che con l’album ‘’Spazio’’, un capolavoro, ha solleticato per la prima volta in me il desiderio di fare quel tipo di musica e farlo in italiano, e infine LeMandorle, una boccata d’aria fresca che continuo ad assaporare ad ogni brano.

Hai presentato in anteprima il tuo primo brano in italiano, San Junipero, durante il “Festivalino di anatomia femminile”. Com’è stata questa esperienza?

Unica e irripetibile. Trovarsi a Sanremo durante la settimana del Festival è qualcosa di impagabile e inspiegabile persino per chi con la musica non ha nulla a che fare, figuriamoci per una come me. C’è frenesia, ansia, emozione, la città è in preda a un caos splendido che mi ha attirata a se come un buco nero.

Michele Monina poi ci ha riservato un’accoglienza di tutto rispetto, ci ha permesso di suonare le nostre note e cantare le nostre parole in quel momento, in quel posto, dentro quella magia. Personalmente ero molto in ansia perché un brano in italiano è una grande sfida a priori per me, finita la canzone mi sentivo al banco degli imputati in attesa di capire se fossi stata condannata o assolta.Invece è piaciuta. Tanto, tanto, tanto. E non potevo avere conferma migliore di quella.

San Junipero è anche il titolo di una delle puntate più celebri della seria cult Black Mirror. Qual è la storia di questo brano? Questo episodio di Black Mirror ne ha influenzato la creazione?

L’episodio di Black Mirror è il fulcro di questa canzone. Non esisterebbe senza e non avrei mai iniziato a scrivere in italiano con questa naturalezza se non avessi visto quelle immagini e ‘’vissuto’’ quella storia. Non c’è un motivo logico per il quale io abbia messo nero su bianco quelle parole nella nostra lingua; è successo e basta. Io Black Mirror non volevo nemmeno vederlo.

Il mio compagno mi ha convinta e all’inizio svogliata poi molto più presa siamo arrivati alla 4×03. Sono entrata in tranche. Sentivo anche questo motivetto ricorrente per tutta l’episodio ed ero certa di averlo già sentito altre volte, ma non ricordavo dove. L’ho registrato e ascoltato per giorni senza riuscire a collegare… Poi ho ricordato: esisteva già in un mio vecchio brano mai uscito fuori dal cassetto.

Io lo avevo suonato in maniera quasi identica, due anni prima. Per me era un segnale chiaro, avevo persino il punto di partenza, e l’ispirazione non poteva mancarmi con una storia del genere. Kelly e Yorkie hanno scatenato in me la rivoluzione latente che c’era. Ho parlato di seconda possibilità dandomi io stessa una seconda possibilità. Ed è successo in italiano, non lo cercavo e quindi no, davvero, non so perché.

Il tuo secondo singolo, Simphony, è accompagnato da un videoclip diretto da Alessandro Castagna. Come sono nati il brano e il video?

Symphony nasce da una mia esigenza personale prima che musicale e non sapevo nemmeno, quando l’ho scritta, se avrebbe mai visto la luce. E’ il grido di una ragazza ai suo genitori in primis, e alla gente, che vuole essere accettata per quello che è, sbagliata e giusta, timida e sfrontata, tatuata e sfacciata.

Mia madre e mio padre nello specifico, speravano di crescere una figlia che fosse più convenzionale sia come stile di vita che come scelte. Inutile dire che hanno visto le loro speranze infrangersi man mano che il tempo passava. Per loro il mio non era ( parlo al passato perché adesso la situazione è completamente cambiata) un lavoro che potesse darmi sicurezze e credevano che dovessi intraprendere strade diverse che mi dessero più garanzie.

In ‘’Symphony’’ gli chiedo di guardarmi con i miei occhi in modo che possano accorgersi che io sono giusta a modo mio, che sono stata male nonostante le loro fossero pretese dettate dalla razionalità e che proprio in un modo unicamente mio sono una sinfonia. Il video di conseguenza è una carrellata delle mie tante sfaccettature, partorita dalla visione del brano di Alessandro, che si sublima con il finale di una caduta in acqua che diventa invece una risalita, una rinascita.

Nel 2018 hai partecipato al Deejay On Stage con il brano “I’m Here. Com’è stato esibirsi su un palco così importante?

Allucinante. Quel palco mi ha creato una dipendenza che dopo non ho smaltito facilmente. Qualunque cosa io possa raccontare non sarà mai abbastanza per esprimere l’emozione provata. Tutta quella gente entusiasta di una MIA canzone, coinvolta, stimolante. Ho avuto un secondo di ‘’off’’ totale alla vista della moltitudine di persone che c’erano li sotto. Poi sono andata su di giri e ho dato il massimo. Non lo dimenticherò mai.

Ultima domanda: progetti per il futuro?

Stiamo lavorando ad un Ep che uscirà entro il 2019. Abbiamo già alcuni brani, in realtà diversi, doveva essere fuori già da un pò, ma San Junipero ha cambiato tutte le carte in tavola e quindi chissà che anche i nostri programmi non subiscano una virata. Netta, come una rivoluzione.

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