Suvari | Intervista Indie Mag Italia
Ad un anno dal suo album di debutto, “Prove per un incendio”, torna Suvari, il progetto solista di Luca De Santis. Il cantante ha pubblicato oggi l’EP “Di cosa hai paura?”, una fotografia composta da 3 canzoni dedicate alle insicurezze apparenti e alle paure fasulle che incontriamo ogni giorno. Un lavoro in cui si parla di distanze, crescita e apparenze.
Durante questi 12 mesi Suvari, affiancato da una band di matrice elettronica, ha girato l’Italia per più di 40 concerti, per tornare oggi con il suo EP, prodotto da Francesco Megha, artista romano sotto Asian Fake, che porta un suono fresco e ballabile, mettendo in mostra la crescita personale e sonora di Luca.
INTERVISTANDO SUVARI
Ciao Luca. Parto subito chiedendoti: perché hai scelto Suvari come nome per il tuo progetto?
La storia è molto semplice: avevo le canzoni pronte, un’idea, un sound ma nessun nome. Devo dire che questa è assolutamente la parte più difficile per me, dare un nome alle cose. Mi trovavo a casa di Antonio (Canestri, cantante dei LAGS) e aprendo la sua enciclopedia del cinema ho indicato a caso Suvari. Ci ha colpito subito per la sua semplicità e quindi ho optato per questo nome.
Prima di dedicarti alla tua musica da solita sei stato nella band LAGS. Quali sono le maggiori differenze che hai notato tra il lavoro da solita e quello di membro di un gruppo?
Forse il sudore! Ahah! Mi spiego meglio, ovviamente facendo musica da solo sei responsabile di troppe cose, dalle scelte musicali che riguardano ogni singolo strumento fino a quelle di gestione del progetto stesso. Forse però la parte che mi è mancata di più è stata la sala prove, dove ti trovi con i tuoi amici, suoni a tutto volume, parli, ti confronti, ti arrabbi, ecc.. in poche parole il sudore della sala prove.
É strano trovarsi a fare musica alla scrivania di casa.
Hai dei riferimenti musicali?
Sono cresciuto ascoltando e vivendo la scena punk e hardcore, ed è questo che mi salva in tante situazioni, mi permette di trovare sempre la soluzione che può esaltare al meglio ogni condizione, sia musicale che ambientale.
Ovviamente ho portato i miei ascolti più orientati al Post Punk e alla New Wave in questo progetto, ma la cosa più bella è che non avevo mai scritto testi in italiano, così ho fatto ricerca e ho scoperto molti musicisti e cantanti meravigliosi. Colpa mia non averlo fatto prima, ma non è mai troppo tardi!
Lo scorso 19 marzo è uscito il tuo singolo “Altrove”. Qual è la storia di questo brano?
Ho provato a scrivere una canzone pensando ad un luogo come se fosse una persona. Ho vissuto in molte città diverse da quando ho 18 anni, e certe volte mi chiedo se ho fatto bene a lasciare un posto, o magari non essere andato in un altro luogo. Ma alla fine è difficile capirlo, mi rendo conto però che riesco a stare bene con me stesso, quell’altrove è semplicemente un qui e ora.
Il concept del video di altrove è bellissimo, complimenti. Punta molto sul lato estetico, senza però “sovrastare” visivamente la musica, che è la protagonista indiscussa di questo video. Com’è nato questo video?
Ho pensato alla canzone che parla di luoghi lontani, vissuti o anche solo visti per poco tempo, ma che ti porti nel cuore, così ho messo insieme delle riprese che ho fatto durante un viaggio negli Stati Uniti, con altre che fanno parte di un vissuto quotidiano. Quindi l’idea era di creare un costante contrasto tra una routine quotidiana e la voglia di scappare che in qualche modo ti passa per la testa ogni giorno.
È uscito oggi il tuo ultimo EP, “Di cosa hai paura?”, al quale hai lavorato con Megha. Com’è stato lavorare con lui?
È stata un’esperienza davvero bella e soprattutto utile, che mi ha permesso di imparare molto dal punto di vista di produzione. Oltre a essere un grande professionista, Megha è sempre stato molto gentile e disponibile con me. Ma la cosa più divertente è stata proprio la nostra condivisione di ascolti punk e hardcore che ci ha fatto perdere pure del tempo a raccontarci storie di vecchi concerti.
Possiamo definire “Di cosa hai paura?” un concept album? Mi racconteresti qualcosa di più dei 3 brani dell’EP?
Ogni canzone è il risultato dei pensieri di un momento. Quindi diciamo di si, questo Ep segue un concept che nasce dalle chiacchiere da bar. Sento troppo spesso commenti basati su odio, terrore, intolleranza verso il prossimo. Sono cose che mi spaventano, sono pensieri spesso superficiali fatti con la pancia e non con un cervello, e così mi sono chiesto: ma di cosa avete paura realmente?
Questa domanda poi l’ho fatta mia e ho deciso di scriverci sopra. Ovviamente le mie paure son molto più personali, sono fatte di distanza, crescita, insicurezza personale.
Parlando di concerti, ti sei esibito un po’ in tutta Italia, ma parliamo della prima volta che sei salito su un palco. Quali sono i ricordi che hai di quel momento e com’è cambiato il tuo approccio con le esibizioni nel tempo?
Se non sbaglio il primo vero concerto è stato con un gruppo che condividevo al tempo con Antonio dei LAGS. Io suonavo la chitarra e lui cantava, il progetto si chiamava Mickey Kills Sushi, noi eravamo ragazzini e facevamo un miscuglio di punk e rock n roll, risultato un marasma. Abbiamo fatto il primo live ad una festa di compleanno ed è finita con la gente che si tirava la torta.
Mi ricordo che ero in paranoia, mi vergognavo a stare lì in vista, c’è voluto tempo per superare l’ansia da palco, ma lì ho capito quanto sia bello suonare dal vivo, e anche quanto sia importante farlo con le persone giuste.
Ti sei recentemente esibito all’ “Ostello Bello” di Milano. Com’è andata questa esperienza?
Molto divertente. Era la prima volta che mi esibivo da solo con un set elettronico, oltretutto suonando le canzoni nuove, direi che è andata bene.
Progetti per il futuro? Hai già in programma un tour estivo?
L’unico progetto futuro è suonare in giro. Adesso sono in attesa con Locusta, che è la Booking che mi sta seguendo per i live, per annunciare un po’ di date estive.
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