Il nuovo capitolo della saga Liberato

Di Aurora Aprile

9 Maggio. Ore 22 circa. Piazza Verdi, Bologna. Un tizio mi passa davanti con una felpa con tanto di scritta “Liberato” sul retro. “Sarà un segno”, penso.

Allora eccomi refreshare la pagina Instagram e Facebook dell’artista partenopeo senza volto. E anche senza disco, ma non per questo privo di un posto nella mia playlist e immagino neanche in quella di quasi tutti voi.

Scrollo e riscrollo. Ma niente.

Forse sarebbe troppo scontato far uscire qualcosa proprio nel giorno che è anche il titolo del suo più grande successo”, mi dico. Eppure, proprio poco prima dello scoccare della mezzanotte, mi arriva un messaggio di una delle mie amiche che ha passato con me un’estate a suon di “Gaiola Portafortuna” e che mi urla in capslock “CORRI SU INSTAGRAM”.

Un fermo immagine in bianco e nero accompagnato dal solito “Link in bio”: ecco il tanto atteso ritorno di Liberato, a poco più di un anno da “Intostreet” e “Je te voglio bene assaje” e qualche giorno dopo la pubblicazione di una breve clip sul suo profilo Facebook. L’emblematico interprete di “Nove Maggio” era infatti riapparso sui social il 25 Aprile (Festa della Liberazione, non a caso) rompendo un lungo silenzio dopo l’annuncio del concerto del 22 Giugno a Roma con un video di qualche secondo in più di una story che lo ritraeva come al solito di spalle e con la testa coperta da un cappuccio, ma stavolta al largo del Mar Tirreno e rivolto verso l’isola di Capri.

I più affezionati al misterioso viaggio dell’uomo senza volto avevano già sicuramente capito che si trattasse dell’ennesimo indizio dissolto nel mare in cui il loro beniamino è ormai solito navigare.

Difatti, cliccando il link collegato al tanto atteso post, si apre “Capri rendez-vous”, una serie composta da 5 video inediti ambientata nell’omonima isola, scritta e diretta dall’ormai noto Francesco Lettieri che ha curato, oltre a quelli di Calcutta, anche i precedenti video di quella che si potrebbe definire la saga di Liberato.

La maestria del regista nel tessere dei contenuti visivi che si intrecciano perfettamente ai suoni e parole del cantante e che hanno fatto e fanno restare incollata allo schermo mezza Italia, non fa altro che ricordarci la presa che le storie esercitano sui nostri pensieri e sentimenti, in un’epoca in cui sguazziamo in storytelling non sempre così ben costruiti.

Stavolta si tratta di una vera e propria soap che dal 1966 giunge fino al 2019 narrando la tormentata love story tra Marie, stella del cinema francese trapiantata a Napoli e lo scugnizzo Carmine.

Guagliò” è il titolo del primo episodio e dell’omonima traccia che con le trombe di sottofondo si affaccia al mondo del reggaeton e da inizio al racconto. L’immaginario è il bianco e nero de “La Dolce Vita” di Fellini riportato però in un sognante set caprese. Lo scorrere inesorabile del tempo e il lasciare in esso una traccia attraverso le nostre azioni sono invece i temi di questa produzione, intervallati alle parole d’amore a cui Liberato ci ha sempre abituati. “Niente è eterno” si sente pronunciare alla fine dalla ragazza, proprio poco prima dell’incontro con l’altro protagonista, facendo presagire un finale che però lascerà spazio a delle sorprese.

La connessione tra i due giovani si accende in “Oi Marì” che, se per il titolo rimanda al classico della melodia partenopea di Claudio Villa, a cui Liberato sembra fare un omaggio, per le tinte e le riprese del video riporta alla mente il celebre spot di Dolce & Gabbana di fronte ai Faraglioni con “Parlami d’amore Mariù” come colonna sonora.

La voglia di ritrovarsi su barche come quelle delle due clip è accentuata dai suoni estivi del brano che, complice l’utilizzo di termini spagnoli (‘Sta canzone è solo una mentira/ Ya me muero a vivir sin ti), fa pensare ancora più spiccatamente del primo alle atmosfere latine che pervadono ormai da tempo le nostre estati e descrivono amori travolgenti come quello dei due ragazzi.

Nunn’a voglio ‘ncuntrà” con un salto temporale al 1975 porta il colore nel video, i ritmi urban nel tappeto di suoni e la consapevolezza delle differenze di ceto sociale tra lo scugnizzo e l’attrice nel loro sempre più tormentato flirt. I due si ritrovano per caso ad una festa che il pezzo di Liberato, nella consueta combinazione tra napoletano ed inglese (O’ core mij ‘oiccann/
My heart will go on/ Passann e spassan sott’ a stu’ balcon), anima alla perfezione.

Il racconto continua in “Tu me faje ascì pazz’” col suo ritmo travolgente e le scene ambientate nel 1993 che vedono Carmine, ormai sposato e in veste di vigile, soccorrere un’ubriaca Marie che alla fine lo riconosce. Il connubio tra musica e video rende impeccabilmente i sentimenti contrastanti dell’uomo nel rincontrare la donna che trent’anni prima lo aveva fatto andar fuori di testa e che, a quanto pare, riesce a farlo ancora per un’ultima notte d’amore.

Tu me faje ascì pazz’
Piccere’ me faje ascì pazz’

Il vero epilogo però è messo in scena in “Niente” che, intrecciando il post melodico con le corde di una chitarra elettrica, mostra in una successione di fotogrammi paragonabile al modo in cui i ricordi affiorano nella nostra memoria, una ormai invecchiata Marie che torna a Capri nel 2019 e fa visita alla tomba del giovane amore. Ma se per lei, al contrario di quanto affermava sicura più di 50 anni prima, il sentimento per Carmine è divenuto eterno, le parole di Liberato non lasciano pensare lo stesso per l’uomo ormai scomparso: Chell’ ch’è stat è stat/ Nun serv cchiu a nient/ Quann nun ce staje nun sent cchiu nient. Torna così il contrasto tra caducità del tempo ed eternità che ha animato il primo video.

Il cerchio però non è chiuso: le cinque nuove tracce infatti vanno ad unirsi alle sei precedentemente pubblicate (con una nuova versione piano e voce di “Gagliola”) all’interno di un album dal semplice quanto efficace titolo “Liberato”.

Questo aggiunge un grosso pezzo ad un mosaico, che, finché non verrà svelata l’identità del suo autore, resterà incompleto. E forse è meglio così. L’importante è potersi godere la tanto attesa nuova musica di un artista che, al contrario della bella di “Tu t’e scurdat’’e me”, non si è affatto scordato di noi.