Comunque poesia | Indie Tales

Di Carlotta Santigli

Invidio un po’ chi ha sempre saputo di avere un posto ad aspettarlo. È come se, sin da piccole, alcune persone avessero in tasca il biglietto di uno spettacolo con tanto di posto numerato. Loro sanno che ad un certo punto, nella loro vita, si siederanno proprio lì e non importa quanto tempo impiegheranno per arrivarci.

Io non sono così. Ogni giorno è differente e vivo ogni cosa, anche la più banale, come una performance. Camminare per strada, mettere su il caffè, vestirmi, lavare i denti. Ci tengo a fare tutto bene, come se fosse l’ultima volta. Sono le mie sacre poche abitudini e, a parte queste, cerco di rendere ogni giorno diverso .

Non so molto di me – mi sono spesso trovato in difficoltà a rispondere a semplici domande sul mio conto – ma se c’è una cosa che ho imparato in questi pochi anni di vita è che un solo contenitore è troppo stretto per me.

Più vado avanti e più l’unico sogno che ho è essere felice ed avere accanto una persona che mi voglia bene quanto io ne voglio a lei. Dove, cosa e perché non hanno vera importanza. Ho il terrore di finire a svolgere un’unica professione per il resto della mia vita, sarebbe come perdere infinite possibilità.

Ho delle costanti, certo. Un fil rouge che lega i miei giorni c’è ed è senza dubbio la scrittura. Ma questo non fa di me un ragazzo che sogna di pubblicare un libro o avere una rubrica fissa su Vanity Fair. Scrivo in modo spontaneo, come quando sento puzza di cipolle e automaticamente mi annuso le ascelle.

Sarebbe terrificante per me sapere di avere ancora chissà quanti anni di percorso per raggiungere il mio obiettivo. Li passerei tutti a chiedermi se ne valga davvero la pena.

Non immagino la mia mente come qualcosa di fisso. I miei pensieri non sono mattoncini, ma piuttosto bolle di sapone che fluttuano cambiando forma a seconda della corrente e riflessi a seconda della luce.

Ho dei valori, intendiamoci. Ma sono sempre disposto a metterli in discussione, ad evolvere e a diventare la versione più saggia ed ascetica di me stesso.

Questo mio modo di vivere e vedere la vita ha finito col rendere impossibile il 100% delle mie relazioni amorose e l’80% dei rapporti umani in generale.

Prima si rimane ammaliati da questa mentalità spalancata ma contorta, e poi ci si rimane inevitabilmente incastrati.

Ci sono cose che mi danno una gioia immensa, come il silenzio di casa mia al mattino: nessuno che parla, nessuno che chiede.

Mi entusiasma anche uscire la sera non per fare baldoria, ma per parlare di mondi interiori con pochi fidati, magari davanti a bottiglie di vino dal nome impronunciabile. Tornare stanchi morti e ricominciare il giorno dopo, in assoluto silenzio.

Forse sono un’artista e la mia opera è la mia stessa vita. O forse, anche se ci ho messo un po’ a capirlo, anche la mia è normalità.

NDR: Racconto liberamente ispirato dal brano COMUNQUE POESIA di Dutch Nazari.