Bill Murray | Indie Tales
“Che poi la monotonia non è così male” dico masticando le noccioline.
“La nostra non lo è affatto” mette il viso tra le mani, i gomiti poggiati sul tavolo, il maglione che le sta tre volte. E mi guarda. È così bella.
“Infatti.”
“Ehi” si avvicina “ehi tu” mi bacia.
Se io e Simona fossimo gli ultimi due esseri umani sulla terra, non ci butteremmo certo giù. Da quando la conosco, lei è il mio mondo.
Abbiamo le nostre routine e sono intoccabili.
Per cominciare, ogni mattina rimaniamo almeno venti minuti sotto le lenzuola a fare… beh, avete capito. O anche solo a fissarci, sfiorarci.
Poi le bacio le ginocchia e vado in cucina a preparare la colazione. Fette biscottate per me e uova e avocado per la signorina, con pane di segale tostato on the side. Da quando siamo stati in vacanza a Los Angeles non mangerebbe altro.
Per fortuna c’è anche la serata sushi tra le nostre abitudini, il martedì o il giovedì.
O andiamo al ristorante o lo ordiniamo su Glovo per mangiarcelo a letto, in biancheria intima o completamente nudi, guardando un film o ascoltando musica.
Ultimamente è Sinatra a riempire le nostre serate. Prima c’era Elvis Costello e prima ancora quella musica celtica che Simona adora.
Alcuni pensano che siamo la coppia perfetta, e forse a nostro modo lo siamo. Ma non è che non abbiamo una vita alle spalle. Casa nostra è piena di mostri nascosti sotto al letto e negli armadi. Abbiamo semplicemente imparato a conviverci, ognuno con i propri e l’uno con quelli dell’altra.
Simona ha avuto problemi con il cibo in passato. Non mangiava, mangiava troppo. Due anni fa, quando ci siamo messi insieme, non ne era ancora uscita del tutto.
“Non se ne esce mai del tutto” mi dice sempre “certe cose non ti lasciano mai. Basta tenerle chiuse in uno spazio piccolissimo”.
Il fatto è che io amo soprattutto i suoi demoni. Sono ciò che la rende unica, non tanto i demoni in sé, ma la sua voglia di uscirne, di risorgere. E non c’è niente di più bello di una persona in piena rinascita. Forte, luminosa, delicata. Come Simona.
Il mio, di passato, ci ha quasi fatto lasciare l’estate scorsa. Varie dinamiche familiari che ora non sto qui a spiegare hanno fatto sì che io maturassi la paura dell’abbandono. In quel periodo Simona era stata presa da un’agenzia di Torino per uno stage e per me non è stato facile. Vedermi così vulnerabile la stava portando al limite, e io vivevo con il senso di colpa per impedirle di godersi a pieno quell’esperienza. Ma l’abbiamo superata.
Ogni mattina, da quando è tornata a Milano, prima di alzarmi le dico “abbracciami che poi i mostri sotto al letto ci prendono e non ci lasciano più” e lei mi stringe forte a sé.
“Queste noccioline sono la fine del mondo”
“Lo dici ogni volta che mangi noccioline”
Forse quello che ci tiene così legati è il fatto che ad entrambi piaccia spendere quasi il 100% delle nostre energie nel tenere intatta la bolla in cui viviamo.
Per molti una relazione come la nostra sarebbe una noia mortale. Invece noi siamo contenti del nostro orticello. Non viviamo in simbiosi, ma il contatto, fisico e non, deve essere costante. Ognuno deve in qualche modo sentire continuamente la presenza dell’altro.
“Sigaretta?”
Nel nostro caso, sigaretta vuol dire proprio una sola sigaretta. Dividiamo anche quella. Dividiamo tutto.
Sarà anche una gabbia, come ama definirla Roberto, nostro amico comune.
Ma a noi questa gabbia piace, l’abbiamo arredata a nostro piacimento. È il nostro nido e non fuggiremo mai. Non fuggiremo mai. Non fuggiremo mai, se non mano nella mano.
We do need each other, diceva ieri sera Bill Murray alla TV.