La Tempesta di Dominc | Intervista

La Tempesta di Dominc | Intervista

Domenico Bruno, in arte Dominic, classe 1991 non ha paura di essere travolto da qualsivoglia Tempestatitolo infatti del suo primo album di inediti uscito su tutte le piattaforme musicali lo scorso 21 novembre.

Il suo istinto creativo lo rende un artista poliedrico (è infatti autore, cantante e ballerino), ma soprattutto è ciò che scatena il giusto caos che riordina perfettamente in musica.

Ha imparato a suonare il pianoforte da autodidatta, ha frequentato il Vocal Lab di Lucca e numerosi stage di composizione. Dominic non ha paura delle sfide poiché sono il suo motivo di riflessione, crescita, confronto ed emozione.

INTERVISTANDO DOMINIC

Dal coro delle voci bianche, all’hip-hop, al Vocal Lab di Lucca: chi è Dominic?

Dominic è una persona che ha una forte urgenza creativa e che ha sperimentato diversi mezzi per poterla soddisfare, giungendo alla conclusione che l’identità, alla fine, non è un qualcosa di prestabilito o immutabile nel tempo. Quindi ci si può, e ci si deve, concedere il lusso di dar sfogo agli istinti artistici che ci stimolano, qualunque essi siano.

Ho scritto, ho ballato, ho cantato e alla fine ho prodotto un album di inediti: tutto è legato al fil rouge della creatività e dell’espressione artistica. C’è una sorta di ordine all’interno del caos creativo. In conclusione, potrei affermare di essere un aspirante artista!

Credi che la musica sia un ottimo stimolo per scoprire chi siamo, quindi obiettivi, fragilità, punti di forza?

La musica e l’arte in generale sono assolutamente un ottimo stimolo per scoprire sé stessi. Il loro segreto sta nel fatto che non occorre esserne i creatori per beneficiare dei loro vantaggi: prima di tutto è necessario essere attenti osservatori e ascoltatori. Dal punto di vista dell’artista riuscire a canalizzare il proprio vissuto in un’opera porta inevitabilmente ad una sorta di autoanalisi. Ascoltarla, riceverla, codificarla ed interpretarla secondo la propria sensibilità è invece un privilegio universale e quando la musica è ben fatta, può davvero stimolare chiunque.

Nel tuo processo creativo arriva prima il testo o la melodia della canzone?

Nel mio processo creativo non esiste una regola! A volte prima di addormentarmi annoto alcuni pensieri sul mio telefono, altre seduto al piano compongo una melodia che mi ha tormentato tutto il giorno. Ci sono veramente un sacco di cose nella mia cita di cui sento di dover sempre avere il controllo, ma la creatività è l’unica cosa dalla quale, al contrario, mi lascio controllare completamente.

Direi, quindi, che c’è una prima fase nella quale si apre un canale all’interno del quale lascio fluire qualunque segnale arrivi, poi una seconda fase dove mi permetto di essere più pragmatico e rimetto in ordine tutti questi elementi.

Hai un legame particolare con il pop/rock inglese?

Non saprei affermarlo con assoluta certezza! Così come accade per il processo creativo, anche per quanto riguarda l’ascolto della musica non mi pongo regole e paletti, ma molte volte quando scopro una band o degli artisti che mi piacciono particolarmente, scopro che sono inglesi!

Sono cresciuto ascoltando The Smiths, The Oasis, The Cranberries (anche se questi ultimi sono irlandesi!) e adesso sono completamente rapito dai Florence and The Machine, gli Arctic Monkeys e da Damien Rice (anch’esso irlandese), quindi direi che ho un’attrazione per il pop/rock dell’intero arcipelago britannico.

I’m afraid: quale è una delle tue paure più grandi?

La paura è uno dei temi cardine della mia Tempesta, dunque ho dovuto scavare veramente molto a fondo per scoprire le mie paure più recondite. Credo che una delle mie paure più grandi sia la morte, quella dei miei cari e la mia. La morte è il mistero per antonomasia: dove vanno le persone che amiamo quando non ci sono più? Dove andremo noi stessi? Cosa ne sarà di tutto ciò che abbiamo compiuto?

Non avrò queste risposte fin quando non mi ci troverò io stesso e, allora, probabilmente non mi serviranno nemmeno più. Le paure si affrontano e si superano con la conoscenza, ma essendo la morte una cosa che non conosceremo fino a quando non arriverà, diventa veramente dura da superare.

Ho anche un terrore pazzesco delle api e delle vespe, potrei morire se incontrassi un alveare: a pensarci bene questo risolverebbe il problema di cui sopra, no?

Cosa preferisci della Quiete, cosa della Tempesta?

Premetto che ho sempre amato il clima tempestoso: mia madre mi racconta che la notte in cui sono nato c’era un fortissimo temporale, chissà se ci sia qualche connessione! Direi che, in senso metaforico, ciò che preferisco della Tempesta sono le sfide che ci chiama ad affrontare, quindi l’occasione di crescita e di confronto. Non vorrei mai avere una vita monotona senza problemi da risolvere o sfide da superare, anche perché alla fine sono un drogato dell’adrenalina che esse generano.

Della Quiete, invece, preferisco la sensazione di pace dei sensi e calma che mi permette di fare ordine e prepararmi per la prossima Tempesta che sta già arrivando. Consiglio: ascoltate il brano Quiete fino alla fine, vi renderai conto di cosa sto parlando!

Nei prossimi mesi usciranno nuovi pezzi in italiano?

Non posso dire se usciranno nei prossimi mesi, ma sicuramente ci saranno, anche perché se voglio fare ciò che intendo fare serviranno dei brani in italiano: a buon intenditore!