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Con la Luna nel cuore nel castello di G Pillola | Indie Talks

G Pillola e Medioevo possono essere due argomenti senza correlazione invece il nuovo disco “Luna nel cuore” abbraccia atmosfere dark evocando rituali e cavalieri in lotta non per conquistare la principessa di turno, ma per scappare dal bosco maledetto della psiche.

Viviamo in un tempo più oscuro di quanto possa sembrare all’apparenza, anzi le cose che luccicano possono essere fragili illusioni che bruciano come un falò sotto la luce del sole, mentre nelle tenebre della notte tutto prende un significato talvolta anche più intimo e profondo.

L’ironia di “Canzoni per appassionati” viene avvolta da un velo più cupo che lascia trasparire domande esistenziali e significati profondi. Alla fine possono passare anche centinaia di anni, però gli uomini continueranno a vivere la vita seguendo antichi rituali ricercando continuamente il senso dell’esistenza.

Il suo nuovo album ci è piaciuto così tanto che abbiamo deciso di realizzare una doppia intervista a cura di Nicolò Granone e Viola Santoro.

G PILLOLA X INDIE TALKS

Domande a cura di Nicolò Granone

Il medioevo è stata davvero un’epoca buia?

Sicuramente un po’ carente di igiene, in fondo non è stata meno buia del Sacro Romano Impero, ma la sua architettura gotica e la peste ce lo fanno idealizzare come un periodo di streghe e maghi, e sinceramente anche a me piace immaginarlo così. 

Quali sono i mostri del nostro tempo?

Dopo un’accurata riflessione su cosa è spaventoso e grottesco nel 2024 credo di poter dire che i più temibili mostri del nostro tempo siano gli obiettori di coscienza e i ‘Me contro te”.

PH: Marco Scarfò

Esistono ancora dei tabù?

Secondo me si, negli anni cambiano gli argomenti considerati ‘più delicati’ e di conseguenza la sensibilità con cui vengono affrontati, ma ci sono sempre delle zone di ombra in cui ci vergogniamo ad entrare o ad esporci. Io ho tanta paura della burocrazia e i miei amici sanno che con me è un tabù parlarne dopo una certa ora perché rischio di impazzire.  

Quali ingredienti useresti per fare un incantesimo e che effetto vorresti ottenere?

Mi piacerebbe che dalla mia piccola casa si potesse accedere a spazi e mondi molto più ampi e lontani, magari attraverso un portale o una sorta di teletrasporto. Se le simpatiche sostanze psichedeliche non dovessero bastare per intraprendere questo viaggio sarei pronto a mischiare liquidi di provenienza umana con qualunque spezia regionale, eviterei parti di insetti e animali perché mi dispiace, chiedo scusa per le teste di serpente sacrificate nella canzone ‘Bastardo Maniaco’ ma lì non avevamo controllo ne ragione.

Cosa significa tornare a casa con la luna nel cuore?

L’idea della ‘luna del cuore’ è stata di Dario, che ha scritto insieme a me una buona parte dei testi oltre alle musiche del disco. Credo che per noi significasse l’ammissione di una sconfitta, una consapevole rassegnazione. È come se avessimo vissuto una lunga avventura ma alla fine avessimo fallito nel nostro intento. Il fallimento non è visto come una sconfitta ma un arricchimento dell’anima, nel bene e nel male, qualcosa rimane nel nostro cuore. 

PH: Marco Scarfò

Da cosa nascono queste atmosfere dark presenti nel nuovo disco?

Sicuramente da un periodo molto buio che sia io che Dario (Blue Jeans) abbiamo passato negli ultimi due anni, c’è stato tanto malessere ma per fortuna anche tanta analisi. Credo che anche Torino e il suo cielo abbiano influito a chiuderci con la mente dentro un castello di pietra, dopo quasi 10 anni nella città esoterica penso che qualcosa in me sia cambiato. 

Possiamo paragonare il mercato musicale ad una lotta tra cavalieri o è più un assurda stregoneria?

Nel mio caso mi sento di dire più ‘un’assurda stregoneria’, perché non ho mai avuto molta energia per le lotte. Se penso alla mia musica negli ultimi anni ci vedo la mia salvezza interiore, il progetto di nicchia di un paio di amici fuori di testa, e la zia che ti chiede quando vai a X Factor. 

PH: Marco Scarfò

Che emozioni proveresti a esibirti in un castello?

Sarebbe bellissimo perché credo che aiuterebbe ad immergersi in questo mondo fatato che ci siamo creati, in più favorirebbe la mia trasformazione in mostro. In compenso forse sarei preoccupato per l’acustica, ho suonato in una chiesa e già si sentiva abbastanza male, non oso immaginare un castello. 

Citando Fabrizio De Andrè, vale la pena rubare sei cervi dal parco del re e finire impiccati con una corda d’oro? Cosa rappresenta questa storia secondo te?

Essendo genovese so che dietro la canzone di De Andrè si cela la vera storia di un certo Mario Calabrese che aveva rubato la spada d’onore di papa Paolo III dalla chiesa di San Matteo, e che proprio insieme a quella spada fu seppellito dopo essere stato impiccato in piazza San Matteo, ma non si sa se De Andrè conoscesse davvero questa storia. 

Credo che questa storia ci ricorda quanto l’essere umano sia schiavo di cose a cui lui stesso ha dato un valore, confermando quanto la nostra vita sia un eterno cane che si morde la coda. 

Domande a cura di Viola Santoro

In questo momento come ti vedi all’interno della nuova scena musicale italiana? preferisci esserne indipendente?

In generale mi fa strano che ci siano etichette nella musica… insomma, molte volte non parti con l’idea di voler rientrare per forza in qualcosa, il confezionamento del prodotto finale è un viaggio che risente di tutte le esperienze e conoscenze che hai sperimentato in quel momento di stesura. Ormai l’indie è un tutto ed un niente. A me piace tantissimo il pop, mi piace molto, anche se ormai sembra essere svalutato. Il pop alternativo di fine anni ‘90 e i primi anni ‘00 sia fighissimo, mi piace l’idea di avere un progetto principalmente pop con alcune sfumature lo-fi, psichedelico, che vengono poi accolte anche in live con l’aiuto della band.

Le tue ispirazioni musicali? Qualcosa o qualcuno a cui ti senti particolarmente vicino per quanto riguarda la musica?

Per quest’ultimo disco, io e Blue Jeans, siamo stati sempre in sintonia sul fatto che ascoltiamo centinaia di colonne sonore di film horror o erotici di anni ‘70/’80, di cui si sente l’influenza simpatica tra le note delle tracce. è come se fosse un “ascolto libreria”, quasi un database.
io di mio, nell’ultimo periodo, sto ascoltando tanto rock alternativo ed americano.

Ne “il segreto del gabbiano”, ad un certo punto dici: “non riesco a farmi giudicare da chi non ha visto un film d’autore”… e tu? Ne hai di preferiti?

(ride), ce ne sono tanti, sono un grande amante di Guy Ritchie. Penso, ad esempio, al remake di “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” ma apprezzo anche le sue scelte più pop recenti.
poi, le pellicole erotiche per esempio di Tinto Brass che hanno un’estetica pazzesca e fini a livello di scenografie, mi ricordo di “Salon Kitty” che è un film che mi fa impazzire, soprattutto per quella vena grottesca che credo sia ripresa ampiamente anche nel disco.

PH: Marco Scarfò

Perchè “bastardo maniaco” è l’incipit del tuo disco?

Mah, forse perché è stata la prima delle canzoni che abbiamo fatto che è sopravvissuta all’eliminazione (ride). Calcola che per fare questo disco sono state create 19 canzoni ma scelte solo 8, quindi ne ho fatte uscire due come singoli. le altre sono state scartate perché non rientravano nel mood, in questo film che volevamo creare. c’è una storia, con una libera interpretazione, ma ci sono comunque dei personaggi e un filo conduttore del tutto.

Quindi il filo conduttore c’è… è riassumibile in tre parole?

Una grande impresa, l’amore e il fallimento. sicuramente è un disco nato in un momento in cui sia io che Blue Jeans non eravamo al massimo.

Fallimento e amore coincidono?

No, no, fallimento lo collego più all’impresa. Questo è un viaggio, un’impresa di un uomo in un mondo fatato. “Latte in gola” va a dimostrare il fallimento, l’uomo che chiede di essere ricondotto all’età infantile e che ha bisogno del latte materno. È un po’ un viaggio in cui bisogna entrare.

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