
PH: Ufficio Stampa
Fascismocrazia | Indie Tales
Per affrontare una lotta bisogna scendere in piazza, prendere le armi e sparare al nemico oppure, può sembrare una contraddizione basta una penna, una bocca che bombarda parole, muovendo le coscienze. Non è detto che la prima tecnica sia quella più efficace, anzi chi muore può morire per difendere il proprio ideale, sacrificandosi anche con un gesto di coraggio. Cosa rimane però poi? Una tomba con una croce, una lapide con due date e sangue, sparso sulla terra.
Chi invece scrive, lascia dei segni che possono risvegliare le coscienze anche a distanza di anni. Un movimento può rinascere come una fenice dalle ceneri di un modello sociale che si sta autodistruggendo, se con il fuoco di libertà e rivoluzione si riesce ad accendere una fiamma di rivolta, specialmente tra i giovani. I potenti continueranno a susseguirsi finche il potere in se continuerà a rimanere fonte di dominazione e non di uguaglianza, caduto un despota non è detto che il suo successore sia migliore, anzi la politica potrebbe trasformarsi in un idra a più teste, pronta a impoverire e divorare il popolo, affamandolo con promesse elettorali, per poi divorarselo all’interno della sua burocrazia.
Per fare crollare un sistema talvolta non solo bisogna combatterlo a visto aperto, anzi solo entrando al suo interno è possibile riuscire a capire certe dinamiche, riuscendo di conseguenza a modificarle. Questa forza oscura però è subdola perché illude le persone, e le trasforma in macchine assetate di prestigio, soldi e ego, quindi anche chi si propone con le migliori intenzioni, rischia di cambiare rotta.
Sokela era una giovane idealista che era cresciuta insieme ai nonni tra i campi della provincia, in mezzo agli animali e al silenzio di una città ormai abbandonata. Quel luogo era una sorta d’isola silenziosa all’interno di un Impero con mille fazioni in lotta costante tra di loro, dove alla cima era presenta una Fascismocrazia in grado di controllare tutti gli aspetti pratici della vita dei cittadini, attuando forme di censura subdola e mirate, per colpire le ribellioni o eliminare ogni avversario attraverso un complicato sistema di alleanza e tradimenti.
Il paese delle meraviglie all’apparenza, pieno di vernice nera pronta a cancellare ogni simbolo di diversità. Il passato non poteva essere interpretato, mentre il futuro doveva essere così come sarà scelto da chi sta in alto e ha il comando su tutto.
Sokela andava di rado in città, ma la voce della rivolta stava nascendo in alcuni sobborghi. Si percepiva una certa tensione nell’aria. Forse sarebbe esplosa una bomba, da qualche parte, lasciando però per terra corpi di onesti cittadini, mentre il nemico era ben al sicuro dentro grandi palazzi ben protetti da schiavi sottopagati. Oppure chi sa, una grande forma di protesta sarebbe partita in silenzio per poi eruttare come lava del vulcano davanti a quei luoghi all”apparenza invalicabili.
Si iniziava a provare paura, qualcuno stava meditando di scappare, andare via e ricominciare così una nuova vita. Si andarsene poteva essere una soluzione pratica conveniente, però fino a che punto si può spingere la fuga? Qualcuno diceva che era inutile andare altrove perché la situazione attuale interessava tutto il mondo. Nessuno Stato, almeno all’apparenza era un posto sicuro e tranquillo. Tutti dicono stronzate per far felice il loro popolo. Finte bugie per rassicurarli davanti ad un ecosistema che brucia o un economia che privilegia solamente certe classi sociali. Il povero è sempre più povero ovunque, mentre il ricco, beh, si sa che con i cosiddetti investimenti mirati, riuscirà ancora una volta a far fortuna, accrescendo i suoi possedimenti.
Nei paesini dove il tempo scorre lento esisteva ancora una zona franca. Certe storie sembravano racconti portati via dal vento. Lì ognuno curava il proprio orticello aspettando la pioggia o i raggi del sole, ma altrove ormai stava diventando davvero troppo tardi. Sokela aveva conosciuto la guerra solamente grazie ai racconti dei nonni. Per sua fortuna non aveva mai visto nessun morire o una casa cadere a pezzi, seppellendo vite, ricordi e storie ambientate dentro quelle mura. Forse per questo motivo si sentiva protetta e si fidava ancora degli altri.
Un giorno all’improvviso tutto questo cambiò. Il cielo divenne grigio, passarono i primi aerei e forte fu il rumore di quegli uccelli di ferraglia che guardavano le persone dall’alto. Qualcuno iniziò a urlare, a urlare ancora più forte la parola guerra, mentre la pace iniziava a essere una speranza. Cambiò tutto quando due governi ostili decisero che le cose così non potevano più funzionare. Senza troppe parole, avvisarono i rispettivi eserciti e iniziarono a spostare su confini uomini e munizioni. In questa frenesia nessuno degli Stati vicini rimase a guardare. Anzi, chi era al potere, ovunque si trovasse, sentì una fortissima adrenalina e decise che il tempo dell’attesa era finito. Tutto stava per finire.
Niente e nessuno si poteva salvare, anche i più coraggiosi iniziarono a pregare, molti decisero di scrivere poesie e cercare nelle parole una senso di protezione. Sokela era in trappola, come tutta la sua generazione. Vecchi, giovani e bambini erano diventati pedine e soprattutto vittime di un sistema di potere che ormai era esploso su se stesso. La voglia di dominare non solo il proprio popolo, ma anche i paesi vicini, aveva innescato un effetto domino a 360 gradi nel quale la violenza era diventata protagonista. Il tempo del silenzio e dell’attesa aveva dato la possibilità a dei folli di salire al comando e di diventare schegge impazzite, incapaci non solo di pianificare leggi utili a migliorare la vita di cittadini, trasformati senza neanche accorgersene in sudditi, ma le conseguenze erano diventate imprevedibili.
Il tempo della guerra non avrebbe avuto una fine a breve, questa tragedia era appena iniziata.