Joseph Beuys | Indie Tales
Di Carlotta Santigli
Ed eccola lì, a due passi da me. Va sempre di fretta, anche quando non è in ritardo. Quando ci davamo la mano nei vicoli lo sentivo, sentivo che per lei fosse quasi una forzatura andare piano, al mio passo, così lento per lei. Ma dove corre.
Gli unici luoghi in cui riesce a star ferma sono i musei. Davanti all’arte lei quasi si paralizza. Ed è bellissima. La osservavo da dietro, i capelli lunghi di mille sfumature.
È un po’ come Bologna. Rossa di timidezza e colta di una cultura tutta sua.
Ascolta Guccini e i PopX, vuole il gelato mentre ha ancora in bocca un nigiri e sogna Maigritte mentre corre sul tapis roulant.
Diceva di amarmi ma di non potermi stare accanto. Un secondo era mia e quello dopo su un treno per chissà dove.
Un giorno litigammo furiosamente perché dissi che l’arte contemporanea non è pura. Me la ricordo come fosse oggi la sua espressione dopo la mia affermazione.
Si accese in un secondo, cominciò ad urlare, sembrava che qualcuno stesse accoltellando un uomo davanti ai suoi occhi.
Marina Abramovic, suo grande amore, fu solo uno dei nomi che uscirono dalla sua bocca quel pomeriggio.
Potevi farlo anche tu? E perché non l’hai fatto? Perché non l’hai p e n s a t o, testa vuota!
L’amo anche per questo. La sua capacità di uscire dai gangheri per questioni totalmente ideologiche mi eccita da morire. Subito dopo abbiamo fatto l’amore come mai prima.
Oggi siamo nella stessa piazza della nostra città, ma per puro caso. Lei non sa che sono dietro di lei, inebriato dal suo fluido, spedito, perfetto passo.
Non mi è andata giù la nostra ultima volta, quel ciao che presi troppo sotto gamba.
Forse un giorno ci rincontreremo.
Nel frattempo penso a Beuys, al suo coyote e a come sarebbe andata se, quella notte, avessi formulato meglio la mia idea di arte pura.